Approvata con un solo voto di scarto, la “Grande e Bellissima legge” promette maxi-tagli fiscali ma mette a rischio milioni di americani. Ecco cosa prevede davvero e perché sta facendo discutere anche tra i Repubblicani.
Nel suo secondo mandato, Donald Trump ha incassato l’approvazione della prima grande riforma economica della sua nuova presidenza: un pacchetto di misure fiscali e sociali soprannominato “One Big Beautiful Bill”, che in italiano suona come “Una grande e bellissima legge”. Si, per i ricchi.

Dietro il titolo roboante si nasconde una delle leggi più discusse degli ultimi anni, che modifica in profondità il sistema fiscale e l’accesso ai servizi sociali negli Stati Uniti. Approvata con un margine sottilissimo – appena un voto sia alla Camera che al Senato – la legge ha fatto emergere tensioni non solo con l’opposizione Democratica, ma anche all’interno dello stesso Partito Repubblicano. Il motivo principale? L’impatto economico mastodontico della riforma: secondo le stime, farà crescere il debito pubblico statunitense di oltre 3.300 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni, un aumento che ha già spinto l’agenzia Moody’s ad abbassare il rating dei titoli di Stato americani.
Ma cosa contiene davvero questa legge? I provvedimenti principali riguardano i tagli fiscali, soprattutto a vantaggio dei redditi più alti. Vengono resi permanenti i tagli introdotti da Trump durante il suo primo mandato, inizialmente destinati a scadere nel 2028. Inoltre, aumentano le detrazioni per singoli, coppie e anziani, vengono eliminate le tasse di successione fino a 30 milioni di dollari e cancellate quelle sulle mance, misura popolare anche tra i Democratici.
Futuro incerto per gli Usa
C’è poi una novità che penalizza indirettamente gli stati a guida democratica, come California e New York: i cittadini potranno dedurre dal calcolo delle tasse federali fino a 40mila dollari pagati in tasse statali, invece dei precedenti 10mila. Si tratta di un colpo mirato contro i territori dove il prelievo fiscale è più alto. Secondo The Atlantic, i benefici maggiori andranno allo 0,1% più ricco della popolazione, con risparmi medi di quasi 300mila dollari. Le famiglie con reddito medio-basso, invece, risparmieranno appena 160 dollari l’anno.
Per coprire le enormi riduzioni delle entrate fiscali, il governo ha previsto tagli drastici alla spesa sociale, in particolare all’assistenza sanitaria gratuita fornita dal programma Medicaid. Con le nuove regole, milioni di persone a basso reddito rischiano di perdere il diritto alla copertura sanitaria se non dimostreranno di aver lavorato almeno 80 ore al mese, una soglia da certificare ogni sei mesi. Una misura simile è stata prevista per i programmi alimentari gratuiti per bambini e famiglie indigenti, i cui costi verranno in parte scaricati sui singoli stati.
Si stima che oltre 11 milioni di cittadini perderanno l’accesso a Medicaid e 16 milioni di bambini potrebbero non ricevere più i pasti scolastici gratuiti. Le critiche più forti arrivano da chi accusa la riforma di colpire i più vulnerabili per favorire le fasce di reddito più alte. Un altro punto critico riguarda le energie rinnovabili: la legge cancella gran parte degli incentivi introdotti da Joe Biden per impianti solari, eolici e veicoli elettrici. Non a caso, Elon Musk – inizialmente vicino a Trump – ha attaccato pubblicamente la misura, sia per l’impatto ambientale che per i danni potenziali alle sue aziende, come Tesla.
Il pacchetto legislativo prevede pochissimi investimenti pubblici, a parte un fondo da 50 milioni di dollari per le cliniche rurali e un’iniziativa simbolica chiamata “Conto Trump”, che assegna 1.000 dollari a ogni bambino nato tra il 2025 e il 2029 da utilizzare in futuro per spese educative. La legge rappresenta una svolta politica netta: se da un lato punta a rafforzare la leadership populista di Trump all’interno del Partito Repubblicano, dall’altro apre a scenari economici incerti. Il rischio concreto è quello di un’America più diseguale, con meno tutele per i più deboli e un debito pubblico fuori controllo. E mentre il 4 luglio celebra l’indipendenza, molti si chiedono se questa riforma renderà gli americani davvero più liberi – o solo più soli.

Conseguenze economiche: squilibri e nuova concorrenza fiscale
Il maxi-taglio alle tasse negli Stati Uniti potrebbe creare pressioni competitive sui sistemi fiscali europei, soprattutto per quei paesi che puntano sull’attrazione di investimenti esteri (Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi). Se il fisco americano diventa più favorevole per le imprese e per le classi più ricche, multinazionali e capitali internazionali potrebbero preferire gli USA rispetto a destinazioni europee.
Inoltre, il massiccio aumento del debito pubblico americano può influenzare i mercati globali e, di riflesso, anche quelli europei. Un’America che si indebita per oltre 3.300 miliardi di dollari in dieci anni potrebbe rendere più volatili i mercati finanziari, alzare i tassi di interesse a livello globale o ridurre l’appetito per titoli di Stato europei, in particolare quelli dei paesi più indebitati come l’Italia. Non a caso, Moody’s ha già abbassato il rating degli Stati Uniti, e questo potrebbe aumentare la percezione di instabilità sistemica.
Sul piano politico, la legge segna un’ulteriore svolta neo-isolazionista e liberista dell’amministrazione Trump, in contrasto con il modello europeo, che si fonda (almeno idealmente) su solidarietà sociale e welfare. La riduzione delle tutele per i più deboli, la pressione sui singoli stati per sostenere spese assistenziali, e il ritiro degli incentivi per le rinnovabili indicano una direzione opposta rispetto al Green Deal europeo e al PNRR dei singoli paesi UE.
Questa divergenza rischia di minare i negoziati transatlantici su clima, commercio e regolamentazione finanziaria. Ad esempio, se Trump riduce i vincoli ambientali e incentiva forme di energia fossile o meno regolamentate, le imprese americane potrebbero produrre a costi più bassi, generando una concorrenza sleale rispetto alle imprese europee, soggette a vincoli ambientali più stringenti.