Non solo proteste e tensioni geopolitiche: nel cuore delle Montagne Rocciose, a preoccupare gli organizzatori del summit sono anche orsi, puma e alci.
Nel cuore delle Montagne Rocciose, il tradizionale apparato di sicurezza dei vertici internazionali ha incontrato un’avversaria del tutto inaspettata: la fauna selvatica. Il vertice del G7, ospitato quest’anno a Kananaskis, in Alberta (Canada), ha richiesto misure eccezionali non solo contro eventuali minacce geopolitiche o proteste di piazza, ma anche contro la presenza di grandi predatori come orsi grizzly, orsi neri, puma e lupi.

In una regione nota per la sua bellezza incontaminata e la ricca biodiversità, le autorità locali hanno predisposto una vera e propria “strategia di mitigazione della fauna selvatica” per garantire la sicurezza dei capi di Stato.
Sono stati installati chilometri di recinzioni alte oltre due metri e mezzo, con tratti elettrificati nelle zone di passaggio più sensibili. I recenti avvistamenti di un grizzly con due cuccioli, di un puma nei pressi di Ole Buck Mountain e di carcasse frequentate da orsi lungo i sentieri escursionistici hanno spinto a chiudere intere aree al pubblico, rafforzando la consapevolezza che la natura, in questi territori, non si può mai davvero mettere da parte.
Il vertice più “selvaggio” di sempre
La scelta di ospitare un summit mondiale in una zona così selvaggia come la Kananaskis Valley, celebre anche per i suoi campi da golf amati tanto dai leader quanto dagli orsi, ha messo in evidenza una doppia sfida: da un lato, garantire la protezione dei partecipanti al vertice; dall’altro, rispettare e salvaguardare la fauna locale.
La tragica morte dell’orsa Nakoda – un esemplare raro dal manto bianco, investita da un’auto dopo aver oltrepassato una recinzione – ha scosso gli operatori del parco e rappresenta un monito sull’impatto delle attività umane. Mentre i riflettori internazionali sono puntati sulle decisioni politiche del G7, la convivenza tra uomo e natura diventa un tema centrale e simbolico: nessun dispositivo tecnologico o barriera può sostituire l’equilibrio delicato tra civiltà e ambiente. La gestione della sicurezza in contesti come questo evidenzia quanto la lotta al cambiamento climatico e la protezione della biodiversità debbano essere parte integrante di qualsiasi agenda internazionale.