Tra balli e bandiere arcobaleno, la comunità LGBTQ+ protesta contro il mancato riconoscimento delle coppie dello stesso sesso e l’ascesa dell’estrema destra. La Romania resta indietro sui diritti civili in Europa.
A vent’anni dalla prima manifestazione LGBTQ+ nella capitale, il Pride di Bucarest torna a riempire le strade con oltre 30.000 partecipanti. Un evento che è diventato molto più di una festa: è una dichiarazione politica in un Paese che continua a negare diritti fondamentali alle persone omosessuali e transgender.

Sabato 7 giugno, in un clima segnato da tensioni politiche e sociali, migliaia di cittadini sono scesi in piazza per chiedere ciò che in gran parte d’Europa è ormai legge ma di nuovo in bilico con l’avanzata delle destre: il riconoscimento legale delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, tutele contro i crimini d’odio e una normativa chiara per la transizione di genere.
La Romania, membro dell’Unione Europea, ha depenalizzato l’omosessualità soltanto nel 2001, ma resta uno dei pochi Paesi europei a non prevedere alcuna forma di riconoscimento legale per le coppie LGBTQ+. Una posizione che contrasta apertamente con una sentenza emessa nel 2023 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha condannato Bucarest per la mancata protezione delle relazioni omosessuali.
«Chiediamo rispetto, non privilegi», ha dichiarato Teodora Roseti, presidente dell’associazione ACCEPT, una delle organizzatrici della manifestazione. «Le famiglie arcobaleno esistono e meritano tutele come tutte le altre: nell’eredità, nella sanità, nella vita quotidiana».
Le strade della capitale si sono animate di colori, musica e slogan, tra cui “Uguaglianza in amore, uguaglianza nell’eredità” e “L’amore è il sentimento peggiore che potresti odiare”. Ma dietro l’energia festosa, il messaggio è chiaro: i diritti civili sono in stallo, mentre la politica vira pericolosamente a destra.
Aumento di odio
L’ascesa dell’estrema destra in Europa centrale ed orientale preoccupa le organizzazioni per i diritti umani. In Romania, l’elezione del centrista Nicusor Dan alla presidenza ha fermato — almeno per ora — l’avanzata del leader ultraconservatore George Simion, contrario ai diritti LGBTQ+. Tuttavia, durante la campagna elettorale, ACCEPT e altre ONG hanno denunciato un preoccupante aumento dei discorsi d’odio, culminato nel danneggiamento delle loro sedi.

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A poche ore dalla marcia, un gruppo minoritario di manifestanti anti-Pride ha organizzato una contromanifestazione, sventolando croci celtiche — simbolo spesso associato ai movimenti di estrema destra — e chiedendo che la Romania resti una “nazione cristiana ortodossa”.
Nel frattempo, nella vicina Ungheria, il governo di Viktor Orbán ha recentemente approvato una legge che di fatto vieta le manifestazioni LGBTQ+, accendendo ulteriormente il dibattito sulla deriva illiberale della regione.
Il Pride di Bucarest, pur tra ostacoli e contrasti, si conferma così un baluardo di resistenza civile in un contesto ancora ostile. Una marcia per l’amore, ma soprattutto per la giustizia e l’uguaglianza.