La cantante rompe il silenzio con un attacco alla discografia: tra ricerca della qualità e rifiuto delle logiche commerciali, un manifesto che fa discutere.
Madame, dopo un lungo periodo di assenza dalla scena musicale, ha deciso di tornare, ma con uno sfogo che ha sollevato polemiche, consensi e perplessità. A quanto pare alcuni dei cantanti mainstream sono arrivati ad un’esasperazione.. palpabile.. da chi chi vede lungo.

Madame ha scelto un palco virtuale: le sue storie su Instagram hanno ospitato uno sfogo acceso, destinato a far rumore quanto, se non più, di un disco. La giovane artista vicentina, esplosa a Sanremo e diventata in breve tempo una delle voci più riconoscibili della nuova canzone d’autore italiana, si è lanciata in una riflessione – cruda, viscerale – sulle distorsioni del mercato discografico.
Un mercato, a suo dire, sempre più saturo di contenuti vuoti, sfornati in fretta e furia per inseguire trend e algoritmi. Una denuncia che affonda le radici in un malessere profondo: quello di chi si sente schiacciato da una produzione musicale che punta al profitto più che all’urgenza espressiva.
Le parole di Madame
”Non sopporto chi prende la musica come una macchina da soldi, chi lavora 24/7 anche a cose non ispirate e vuote di contenuto per piazzare o grattare da tutti. Lasciate in pace l’espressione artistica, fatela respirare, basta intasarla di merda, non è un cesso “– ha scritto la cantante. Parole che, per quanto volutamente scioccanti, fotografano il disagio di chi vede la musica trasformata in un ingranaggio industriale, dove la creatività rischia di soccombere sotto il peso delle uscite seriali.

La sua non è una critica generica, ma un appello che suona come una linea di demarcazione netta: esiste, secondo lei, una differenza fondamentale tra chi fa musica per urgenza artistica e chi lo fa solo per “grattare da tutti”.
Il fulcro del messaggio è l’invocazione alla qualità. In un’estate che, come ogni anno, si riempie di singoli usa e getta, Madame dichiara di preferire il silenzio all’insincerità: “Meglio essere dimenticati perché non si pubblica, piuttosto che essere ricordati per essere scarsi”. Una dichiarazione che sfida apertamente le regole del gioco, quelle che impongono una costante presenza e produzione, spesso a discapito della sostanza.
Eppure, pur condivisibile nella forma e nel sentimento, questa presa di posizione solleva interrogativi. Chi decide cosa sia qualità e cosa no? La soggettività del gusto, in musica, è un fatto ineludibile. Ciò che per alcuni può sembrare superficiale, per altri è leggerezza necessaria. Il rischio, per chi critica, è sempre quello di apparire elitario o, peggio, giudicante. Madame non fa nomi, ma le sue parole hanno il sapore di una condanna collettiva. E questo, in un mondo così eterogeneo come quello musicale, può risultare divisivo.
Non c’è dubbio che il mercato discografico abbia le sue storture, ma è altrettanto vero che convivono molte anime: c’è spazio per la riflessione, per l’intrattenimento, per la provocazione e per la semplicità. Il successo di un brano non sempre ne misura il valore artistico, ma ne testimonia l’impatto emotivo o sociale. Altra cosa è il monopolio. Se la musica nasce dai soli pochi che hanno il potere di propagarla, allora potrebbe diventare un problema.
Anche Manuel Agnelli recentemente ha espresso la sua opinione sulla musica che ci sta intorno: “La musica italiana è caduta in disgrazia. È roba da supermercato” Ha dichiarato il frontman degli Afterhour, ex giudice di X Factor. E anche Madame, con la sua voce fuori dal coro, invita tutti a una riflessione necessaria. Per fortuna oggi ci sono vari modi per ascoltare la musica: i canali sono molteplici e paradossalmente la musica è “più libera” rispetto al passato. Sta a noi ascoltatori cercarla accuratamente, senza lasciare che sia la grande industria a decidere al nostro posto.