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Tre scandali di messaggi politici negli USA: chat razziste, minacce e insulti. Carriere distrutte e interrogativi sul linguaggio d’odio in politica.
Ottobre 2025 è stato un mese turbolento per la politica americana. Non per uno scandalo singolo, ma per una serie di rivelazioni che hanno messo a nudo un fenomeno preoccupante: quello che politici e attivisti si permettono di dire quando credono che nessuno stia guardando. Tre diverse fughe di notizie hanno portato alla luce messaggi contenenti insulti razziali, riferimenti nazisti e minacce di violenza, scuotendo Washington e sollevando interrogativi profondi sulla natura del dibattito politico contemporaneo.
Il primo caso è emerso a metà ottobre, quando Politico ha pubblicato un’inchiesta devastante sui Giovani Repubblicani. Circa una dozzina di leader del movimento giovanile conservatore aveva condiviso su Telegram messaggi agghiaccianti tra gennaio e agosto: insulti razzisti contro gli afroamericani, commenti antisemiti e persino espressioni di ammirazione per Hitler. Non si trattava di semplici battute di cattivo gusto, ma di conversazioni prolungate che rivelavano atteggiamenti profondamente preoccupanti.
Il secondo scandalo ha colpito dall’altra parte dello schieramento politico. Jay Jones, candidato democratico per la carica di procuratore generale della Virginia, è finito sotto i riflettori dopo che National Review ha pubblicato messaggi privati del 2022 in cui scriveva che un rappresentante repubblicano dello stato “meritava due pallottole in testa” e affermava che avrebbe urinato sulle tombe dei suoi avversari politici. Dichiarazioni che hanno trasformato quella che sembrava una corsa elettorale favorevole in una battaglia in salita.
Il terzo caso ha riguardato Paul Ingrassia, scelto dal presidente Trump per guidare l’Ufficio del procuratore speciale, un’agenzia federale che si occupa di proteggere i whistleblower governativi. La sua nomina è naufragata quando sono emersi messaggi in cui si descriveva come qualcuno con “tendenze naziste” e suggeriva che la festa nazionale dedicata a Martin Luther King dovrebbe essere “abolita e gettata nel settimo girone dell’inferno“. Persino alcuni importanti legislatori repubblicani gli hanno ritirato il sostegno, costringendolo al ritiro.
L’illusione della privacy nelle chat di gruppo
Cosa spinge persone con ambizioni politiche a lasciare tracce scritte di opinioni così estreme? Gli esperti individuano quello che chiamano un “falso senso di sicurezza“. Alex Turvy, sociologo specializzato in cultura digitale, spiega che le chat di gruppo creano un’illusione di intimità. Le persone si comportano come se fossero in una conversazione privata tra amici fidati, dimenticando che ogni messaggio costituisce una registrazione permanente e che le alleanze politiche sono per natura instabili.
Il problema è aggravato dalla natura stessa della comunicazione digitale moderna. Le persone tendono a esprimersi in modo più disinibito quando scrivono da uno smartphone rispetto a quando parlano faccia a faccia. La distanza fisica crea una distanza psicologica che abbassa le inibizioni, mentre la velocità della comunicazione via messaggistica riduce il tempo di riflessione prima di premere “invia”.
Gli esperti identificano un fenomeno particolare che alimenta questi comportamenti: la cosiddetta “cultura Edgelord“. Il termine descrive una dinamica online in cui le persone competono per dire la cosa più scioccante, più provocatoria, più oltre i limiti del socialmente accettabile. L’obiettivo è stabilire la propria posizione all’interno del gruppo dimostrando di essere “coraggiosi” abbastanza da infrangere i tabù.
Reece Peck, professore di cultura dei media alla City University di New York, collega questo fenomeno direttamente all’influenza della retorica trumpiana. Secondo Peck, l’uso da parte di Trump di linguaggio che prima del 2017 sarebbe stato considerato inaccettabile in ambito presidenziale ha creato un effetto permissivo. Durante la campagna elettorale, Trump ha utilizzato espressioni come “avvelenano il sangue del paese” riferendosi agli immigrati irregolari, ha parlato di “invasione” e pubblicato meme che critici di entrambi gli schieramenti hanno definito divisivi.
“Pensano che Trump abbia conquistato la cultura popolare e che i democratici siano fuori dal mondo“, spiega Peck. “Se riesci a essere provocatorio, a dire qualcosa di inappropriato, stabilisci l’appartenenza al gruppo. Questa dinamica è centrale nel trumpismo”. In altre parole, la trasgressione diventa un badge di appartenenza, un modo per dimostrare di far parte della tribù “giusta”.
Hakeem Jefferson, professore di scienze politiche a Stanford, aggiunge che Trump ha fornito “una certa copertura” a questo tipo di linguaggio. Quando il presidente degli Stati Uniti parla in un certo modo, apre la strada affinché altri imitino quel comportamento, sentendosi legittimati a farlo.

Le conseguenze: carriere distrutte e partiti in imbarazzo
Le ripercussioni degli scandali sono state immediate e devastanti. La maggior parte dei Giovani Repubblicani coinvolti nella chat di gruppo ha perso il proprio lavoro come assistente politico o la posizione di leadership giovanile. Uno di loro, un senatore statale del Vermont, si è addirittura dimesso dal suo incarico elettivo. Il New York Young Republicans Club è stato sciolto dal comitato esecutivo repubblicano dello stato.
Per quanto riguarda Jay Jones, un sondaggio del Washington Post ha mostrato che il suo vantaggio nei sondaggi è completamente evaporato dopo la pubblicazione dei messaggi. Una corsa che sembrava in discesa è diventata improvvisamente testa a testa. Jones ha rilasciato dichiarazioni in cui si dice “imbarazzato, vergognato e dispiaciuto”, cercando di scusarsi con il rappresentante repubblicano minacciato e la sua famiglia, ma il danno alla sua immagine sembra difficile da riparare.
Paul Ingrassia ha visto implodere la sua nomina presidenziale nel giro di poche ore. Il suo avvocato ha tentato una duplice difesa: prima sostenendo che i messaggi potrebbero essere stati manipolati, poi affermando che, se autentici, andrebbero interpretati come “autoironici e satirici”. Una linea difensiva che non ha convinto nessuno, soprattutto considerando la gravità dei contenuti.
Le reazioni politiche: condanne bipartisan ma non universali
Gli scandali hanno suscitato condanne da parte dell’intero spettro politico, anche se con alcune significative eccezioni. La Young Republican National Federation ha invitato tutti i soggetti coinvolti a dimettersi, definendo il comportamento “vergognoso” e “indegno di qualsiasi repubblicano”. La Black Conservative Federation, un gruppo che cerca di attrarre elettori afroamericani verso i repubblicani, ha chiesto ai leader del partito di denunciare i messaggi “senza esitazione o scuse“.
Tuttavia, il vicepresidente J.D. Vance ha adottato un tono più sfumato. Pur definendo i messaggi dei Giovani Repubblicani “davvero inquietanti”, ha anche accusato i critici di esagerare le reazioni e ha minimizzato i partecipanti alla chat definendoli “ragazzini“, nonostante la maggior parte avesse tra i 20 e i 30 anni. Contemporaneamente, Vance ha attaccato duramente Jones sui social media per i suoi messaggi violenti, rivelando una certa asimmetria nel trattamento degli scandali a seconda dell’appartenenza politica.
Lo stesso presidente Trump ha criticato Jones, affermando che non dovrebbe essere autorizzato a candidarsi e che “chiunque verrebbe messo in prigione” per quelle dichiarazioni. La Casa Bianca, dal canto suo, ha difeso la retorica dura di Trump sull’immigrazione, con la portavoce Abigail Jackson che ha citato crimini commessi da persone presenti illegalmente nel paese per giustificare il linguaggio presidenziale.
Cosa rivelano questi scandali sulla società americana
Al di là delle singole vicende, questi episodi offrono uno spaccato inquietante dello stato del dibattito pubblico americano. Gruppi della società civile ed esperti di linguaggio politico esprimono preoccupazione per quella che appare come una normalizzazione della retorica violenta e del discorso d’odio razzista, un fenomeno particolarmente stridente dopo decenni di battaglie per i diritti civili che sembravano aver relegato certe ideologie ai margini.
È vero che le persone hanno sempre espresso opinioni estreme in privato. La novità, secondo gli esperti, sta nel fatto che queste fughe di notizie rivelano le opinioni non filtrate di figure politiche pubbliche, persone che aspirano a posizioni di potere e responsabilità. Non si tratta di semplici cittadini privati, ma di individui che cercano attivamente di influenzare la direzione del paese.
Le oltre 2.900 pagine di messaggi della chat dei Giovani Repubblicani contenevano riferimenti agli afroamericani come “uomini-anguria”, discussioni su stupri di nemici politici e battute sull’uso di camere a gas. Non erano scivoloni momentanei, ma conversazioni prolungate che rivelavano un sistema di valori profondamente disturbante. La questione non è solo cosa hanno detto, ma il fatto che si sentissero abbastanza a loro agio da dirlo, convinti di trovarsi in uno spazio sicuro.
Il futuro: maggiore cautela o maggiore polarizzazione?
Questi scandali avranno un effetto deterrente? Probabilmente renderanno alcune persone più caute nelle loro comunicazioni digitali, ma potrebbero anche radicalizzare ulteriormente chi vede nelle rivelazioni un’ulteriore prova di una “caccia alle streghe” da parte dei media mainstream. La polarizzazione politica americana è così profonda che persino scandali oggettivamente gravi vengono interpretati attraverso lenti ideologiche opposte.
Quello che sembra certo è che l’era della privacy digitale, se mai è esistita, è definitivamente finita. Ogni messaggio, ogni post, ogni commento lascia una traccia permanente che può emergere anni dopo. Per chi aspira a ruoli pubblici, la lezione dovrebbe essere chiara: non scrivere nulla che non saresti disposto a vedere pubblicato in prima pagina. Ma se questi scandali ci hanno insegnato qualcosa, è che molti non hanno ancora imparato questa lezione elementare.
La tecnologia ha amplificato sia la nostra capacità di comunicare sia i rischi associati a quella comunicazione. Ha creato spazi che sembrano privati ma che in realtà sono intrinsecamente vulnerabili. E in un clima politico già surriscaldato, dove la fiducia nelle istituzioni è ai minimi storici e la polarizzazione ai massimi, ogni nuovo scandalo non fa che aggiungere benzina sul fuoco di una società sempre più divisa e arrabbiata.
La domanda che resta aperta è se questi episodi rappresentino semplici aberrazioni individuali o sintomi di un problema culturale più profondo. Se le opinioni espresse in quelle chat private riflettano convinzioni marginali o siano più diffuse di quanto vorremmo ammettere. E se la politica americana riuscirà a trovare un modo per abbassare i toni prima che il pensiero violento si trasformi in azioni violente. Per ora, le risposte non sono incoraggianti.
