Il dispiegamento militare nella metropoli californiana alimenta tensioni politiche e legali. Oltre 1.800 proteste in arrivo per sabato: la sfida tra Casa Bianca e Stati si infiamma.
Il confronto tra Casa Bianca e autorità locali si inasprisce con l’arrivo delle truppe a Los Angeles, dispiegate per contenere le proteste contro i raid sull’immigrazione voluti dal presidente Donald Trump. La decisione di inviare 700 Marines e 4.000 soldati della Guardia Nazionale nella metropoli californiana, nonostante l’opposizione del governatore Gavin Newsom, ha scatenato un’ondata di critiche, proteste civili e una battaglia legale.

Le forze armate, seppur prive del potere d’arresto diretto, sono state autorizzate a trattenere individui finché non intervenga la polizia, alimentando polemiche su possibili violazioni del Posse Comitatus Act, la legge che limita l’uso dell’esercito per compiti di polizia interna.
La California ha intentato causa al governo federale, contestando la legittimità dell’intervento militare e il suo impatto sui diritti civili. Il procuratore generale Rob Bonta ha espresso forte preoccupazione: la sottile linea tra protezione e repressione potrebbe facilmente essere superata. Intanto, la presenza militare si fa visibile: soldati armati sorvegliano le strade e proteggono gli agenti dell’ICE durante i fermi.
Los Angeles si ribella contro la repressione
Scene che hanno sollevato un acceso dibattito su libertà civili, uso della forza e diritti dei migranti, in una città già segnata da episodi di saccheggi e 225 arresti nei giorni scorsi. Il coprifuoco imposto dalla sindaca Karen Bass è solo l’ultimo segnale di una tensione che continua a crescere.

Come si legge su Reuters le proteste, iniziate a Los Angeles dopo una serie di raid federali, si sono rapidamente estese ad altre metropoli come New York, Atlanta e Chicago. Sabato è previsto il culmine delle manifestazioni, con oltre 1.800 eventi organizzati dalla coalizione “No Kings”, che include più di cento gruppi per i diritti civili.
Le marce coincideranno con la parata militare per il 250° anniversario dell’esercito americano e il 79° compleanno di Trump, durante la quale il presidente ha annunciato “forze molto forti” contro eventuali contestatori. La retorica presidenziale, che presenta le proteste come “rivolte della sinistra”, contrasta con la realtà di cortei perlopiù pacifici e richieste di rispetto dei diritti umani.
Secondo il Dipartimento per la Sicurezza Interna, gli arresti quotidiani di migranti da parte dell’ICE hanno raggiunto quota 2.000, segnando un’escalation senza precedenti rispetto all’amministrazione Biden. Intanto, operazioni come quella in una fabbrica di carne in Nebraska — con circa 80 arresti — mostrano come la campagna promessa da Trump stia entrando nella sua fase più aggressiva.
Il presidente continua a rivendicare l’efficacia della linea dura, ma l’invio delle truppe e la criminalizzazione delle proteste rischiano di inasprire ulteriormente un clima sociale già esplosivo. Il dibattito ora si gioca anche sul piano legale e istituzionale: fin dove può spingersi un presidente nel nome della sicurezza? E quale sarà il prezzo in termini di libertà civili?