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Un fotografo valdostano premiato nella categoria Comportamento degli uccelli al prestigioso concorso internazionale Bird Photographer of the Year con uno scatto mozzafiato di un’aquila reale. La mostra al Forte di Bard
Quando la nebbia avvolge le montagne della Valle d’Aosta, trasforma il paesaggio in un palcoscenico etereo e la natura svela i suoi momenti più intensi. È in una di queste atmosfere sospese che Francesco Guffanti ha catturato l’immagine che lo ha portato tra i premiati del concorso internazionale, Bird Photographer of the Year 2025. Un’ aquila reale, maestosa e implacabile, immortalata mentre si nutre di una carcassa di cervo rosso. Lo scatto, intitolato “Angelo o Demone“, ha conquistato la giuria.
Venerdì 24 ottobre il Forte di Bard ha aperto le porte a un evento storico per la Valle d’Aosta e per l’intero panorama fotografico europeo. Per la prima Bird Photographer of the Year è approdata in Italia e in Europa con una prestigiosa mostra che ha scelto proprio la fortezza alpina come sede espositiva, portando con sé 100 immagini straordinarie che raccontano la bellezza e la fragilità del mondo aviario. Con oltre 100 immagini selezionate e un montepremi di 3.500 sterline per il vincitore assoluto, la competizione attrae professionisti internazionali e appassionati di ogni livello, compresi coloro che fotografano con il semplice smartphone. La giuria, composta da esperti di fama internazionale, valuta gli scatti in forma anonima, garantendo un giudizio basato esclusivamente sulla qualità artistica e tecnica delle opere.
Quest’anno il premio principale è andato al fotografo canadese Liron Gertsman, che ha realizzato in Messico un’immagine straordinaria: una fregata magnifica che si staglia contro il disco oscuro di un’eclissi solare totale, mentre Philippe Egger si è distinto vincendo nella categoria Prospettive creative con “Fotografia d’arte“, uno scatto che vede protagonista un martin pescatore comune in un volo suggestivo sopra un’opera d’arte, dimostrando come la creatività possa reinventare la rappresentazione del mondo aviario.

La manifestazione, tuttavia, non è soltanto una celebrazione estetica. Il Bird Photographer of the Year porta con sé una missione più profonda: denunciare le pressioni che minacciano le diverse famiglie di uccelli a livello globale. Naturalisti, fotografi e ambientalisti collaborano per utilizzare la potenza comunicativa delle immagini come strumento di sensibilizzazione. I profitti del concorso vengono infatti destinati a progetti di conservazione attraverso sovvenzioni mirate, trasformando ogni fotografia in un atto concreto di tutela ambientale.
La genesi di uno scatto tra fototrappole e attese
Dietro “Angelo o Demone” si cela un percorso che affonda le radici nella passione di Francesco Guffanti per la fauna alpina. Prima dell’aquila, protagonista indiscusso della sua ricerca fotografica era stato il lupo, animale elusivo e affascinante, al quale ha dedicato un intero volume fotografico realizzato in collaborazione con André Roveyaz. Chi fotografa predatori alpini conosce bene la sfida: questi animali sono maestri nell’arte della sopravvivenza e raramente si lasciano avvicinare. Le fototrappole diventano quindi alleati preziosi, occhi silenziosi posizionati strategicamente sul territorio, capaci di documentare movimenti e comportamenti senza la presenza umana.

L’occasione è arrivata quasi per caso, come spesso accade nelle migliori storie fotografiche. Durante un’escursione, Guffanti e il suo team hanno individuato la carcassa di un cervo lungo un sentiero. L’intuizione è stata immediata: posizionare una fototrappola per documentare tutti gli animali che si sarebbero avvicinati a quella risorsa alimentare. I lupi erano una possibilità, seppur remota data la vicinanza alla strada. Invece è arrivata lei, l’aquila reale, rapace simbolo delle Alpi e predatore all’apice della catena alimentare.
Il comportamento del rapace è stato emblematico della sua natura dominante. L’aquila ha reclamato quella carcassa come proprietà esclusiva, sorvegliandola giorno e notte, allontanando qualsiasi competitore con la sola presenza intimidatoria. Per giorni ha banchettato indisturbata, completamente inconsapevole dell’occhio elettronico che la osservava. La tecnologia degli scatti silenziosi si è rivelata fondamentale: nessun rumore meccanico, nessun flash invadente, solo la capacità di congelare un istante perfetto.
E quell’istante è arrivato proprio in un giorno di nebbia. Le condizioni atmosferiche hanno creato uno scenario surreale, quasi metafisico. L’aquila, con le ali completamente spiegate, sembrava fluttuare tra cielo e terra, mentre si proteggeva sulla preda. La composizione evoca simultaneamente grazia e ferocia, spiritualità e istinto predatorio. Da qui il titolo scelto dal fotografo: “Angelo o Demone“, un ossimoro che racchiude la doppia natura di questo magnifico animale. Angelo per l’eleganza del portamento, demone – o meglio, angelo della morte – per il suo ruolo di predatore alfa nell’ecosistema alpino.
La presenza stabile dell’aquila reale in Valle d’Aosta rappresenta di per sé una storia di successo conservazionistico. Dopo decenni di persecuzione che ne avevano quasi determinato l’estinzione sulle Alpi, la specie è tornata a nidificare stabilmente nella regione, testimoniando l’efficacia delle politiche di tutela. Fotografare questi animali significa quindi documentare una rinascita, raccontare attraverso le immagini il ritorno di un equilibrio ecologico faticosamente riconquistato. Il riconoscimento internazionale ottenuto da Guffanti porta alla ribalta non solo il talento di un fotografo, ma l’intero patrimonio naturalistico valdostano. Le montagne alpine, con le loro popolazioni di fauna selvatica, diventano protagoniste sulla scena mondiale, dimostrando che anche i territori apparentemente marginali custodiscono biodiversità di valore inestimabile. La fotografia naturalistica si conferma linguaggio universale, capace di attraversare confini geografici e culturali per veicolare messaggi di bellezza e urgenza ambientale.

Tra gli altri scatti presenti alla mostra fino all’ 1 marzo 2026 ci sono immagini di ghiandaie eurasiatiche che costruiscono il nido in un lampione urbano nella Repubblica Ceca, catturate da Tomas Grim (medaglia d’argento nella categoria uccelli urbani); “La caduta infuocata” del francese Nicolas Groffal, che immortala un uccello in volo; il ritratto ravvicinato di un pellicano dalmata greco, che emerge dalla neve con il caratteristico piumaggio giallo attorno allo sguardo, insignito di menzione speciale per il miglior ritratto.
Il Bird Photographer of the Year si conferma così ponte tra arte e scienza, piattaforma dove la tecnica fotografica incontra la passione ornitologica e la coscienza ecologica. Ogni immagine esposta non è semplicemente uno scatto riuscito, ma un frammento di narrazione che ci ricorda quanto sia straordinario e fragile il mondo che abitiamo. E quando quella narrazione porta la firma valdostana, l’orgoglio locale si fonde con la responsabilità globale: preservare questi scenari e questi protagonisti alati per le generazioni future.
