Sotto Terra” al Criptoportico di Aosta - valledaostaheritage-fuorionline
Dal 27 ottobre al 2 novembre, il cuore archeologico della città diventa un osservatorio emotivo sul tema della violenza. Tra cinema, teatro e musica, un’esperienza che scava nelle radici del nostro tempo.
Dal 27 ottobre al 2 novembre 2025, il Criptoportico forense di Aosta si trasforma in un osservatorio sotterraneo sulla violenza e sul dolore umano, con la rassegna Sotto Terra, a cura di Framedivision e Replicante Teatro. Un titolo emblematico, che racchiude il senso profondo di un progetto pensato per “scavare” nel presente e interrogarsi sulle radici della violenza che attraversa la società contemporanea.
La scelta del Criptoportico non è casuale: luogo antico, carico di silenzio e memoria, diventa lo spazio ideale per mettere in dialogo arte, cinema, teatro e riflessione sociale. Qui la violenza non è solo rappresentata, ma scomposta e osservata da diverse angolazioni, per cercare di comprenderla, nominarla e — forse — disinnescarla. L’obiettivo è quello di trasformare un sito archeologico in un laboratorio culturale e civile, dove il pubblico non resta spettatore, ma parte di una ricerca collettiva.
Il programma si apre con la proiezione del film Familia di Francesco Costabile, in programma lunedì 27 e martedì 28 ottobre alle 18.15. La pellicola, ispirata al libro Non sarà sempre così di Luigi Celeste, racconta una storia vera e dolorosa, in bilico tra melodramma nero e thriller psicologico, dove il confine tra vittima e carnefice diventa sempre più fragile. Il film affronta i temi del disagio familiare e della violenza relazionale con un linguaggio cinematografico coraggioso, capace di coinvolgere e scuotere.
Nei giorni successivi, da giovedì 30 ottobre a sabato 1 novembre, sarà la volta di “Polifonia per DA6885”, uno spettacolo teatrale che unisce parole, suoni e oggetti in una narrazione corale sulla guerra. Firmato da Framedivision e Replicante Teatro, con la regia e l’interpretazione di Andrea Damarco, il lavoro invita a riflettere sul linguaggio della violenza collettiva, quella che la storia trasforma in memoria, ma che continua a vivere negli oggetti, nei luoghi e nei silenzi.
Il percorso artistico di Sotto Terra culmina domenica 2 novembre con “Il Paradiso degli Orchi”, un concerto-spettacolo che unisce musica e parola in un racconto sulla fragilità e sullo sfruttamento. Sul palco, accanto a Damarco, si alterneranno Alexine Dayné (testi), Carlo Alberto Lupo al violino, Federico Gregori alla chitarra, Matteo Cosentino al cajón e Andrea Minieri al basso. A seguire, la proiezione del documentario “Vi ho tanto amato” di Silvestro Montanaro, dedicato al tema dello sfruttamento sessuale dei minori, chiuderà la rassegna con un momento di intensa riflessione civile.
Un viaggio nelle radici della violenza: tra arte, memoria e impegno civile
Sotto Terra non è solo un titolo evocativo, ma un vero manifesto di metodo. Scendere “sotto”, nelle profondità del Criptoportico, diventa metafora di un lavoro interiore e collettivo: scavare nelle radici della violenza per riconoscerla, comprenderla e — forse — trasformarla. L’arte, in questa prospettiva, si fa strumento di indagine, non decorazione: un modo per affrontare ciò che di solito si evita di guardare.

L’Assessorato regionale per i Beni e attività culturali, Sistema educativo e politiche per le relazioni intergenerazionali, promotore della rassegna, sottolinea come il progetto rappresenti una nuova forma di osservatorio sociale e culturale, capace di mettere in connessione linguaggi diversi e generazioni differenti. Cinema, teatro e musica diventano strumenti per raccontare la violenza senza spettacolarizzarla, ma restituendole complessità e profondità.
Ogni appuntamento sarà anche occasione di confronto diretto con professionisti ed esperti che guideranno il pubblico in momenti di discussione aperta. Tra gli ospiti, Simona Iamele, psicoterapeuta; Arnela Pepelar, referente dell’area migrazioni per L’Esprit à l’Envers; e Giulio Gasperini, esperto di questioni migratorie. Le loro testimonianze offriranno prospettive concrete sui meccanismi psicologici, sociali e culturali che alimentano la violenza e su come contrastarla attraverso la conoscenza e la consapevolezza.
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Ma Sotto Terra è anche una sfida alla città e ai suoi cittadini. Portare la violenza — tema tanto complesso quanto urgente — in un luogo simbolico come il Criptoportico di Aosta significa ricordare che la cultura non è solo intrattenimento, ma anche strumento di costruzione civile. Ogni evento è pensato per far emergere emozioni, domande, dubbi: per creare un terreno comune dove la parola “violenza” smetta di essere un tabù e diventi oggetto di riflessione condivisa.
La scelta di accostare linguaggi artistici diversi — il film d’autore, la performance teatrale, la musica e il documentario — permette di esplorare il tema da più punti di vista. Dalla violenza domestica alla guerra, dallo sfruttamento sessuale alla memoria storica, la rassegna offre una mappa emotiva e culturale della nostra epoca, dove il dolore si intreccia con la possibilità del riscatto.
Anche la formula organizzativa contribuisce al valore dell’esperienza: il numero limitato di posti e la necessità di prenotare anticipatamente (ai numeri 333 6745461 e 349 7909895, a partire dal 20 ottobre) favoriscono un rapporto intimo tra pubblico e luogo. Il Criptoportico, con le sue volte e i suoi corridoi di pietra, amplifica il senso di immersione e raccoglimento, rendendo ogni evento un’esperienza sensoriale e simbolica.
In un tempo in cui la violenza appare ovunque — dai conflitti internazionali alle dinamiche quotidiane — Sotto Terra invita a rallentare, a fermarsi e a guardare il fenomeno con altri occhi. L’arte non offre risposte facili, ma apre spazi di ascolto e di comprensione: è questo il valore aggiunto di un’iniziativa che nasce in Valle d’Aosta ma parla un linguaggio universale.
Alla fine, il messaggio che il progetto lascia è chiaro: la violenza non si combatte solo con le leggi o con le campagne di sensibilizzazione, ma anche attraverso la cultura e la consapevolezza. Scendere “sotto terra” diventa così un gesto simbolico, un modo per ritrovare — tra le radici — il senso più profondo della nostra umanità.
