Museo Le Alpi dei Ragazzi-Angela Marrelli-fuorionline
Dopo sei anni torna visitabile l’Opera Vittorio del Forte di Bard con un innovativo percorso museale dedicato ai giovani. Gioco e scienza si intrecciano per raccontare le Alpi che cambiano.
Il Museo Le Alpi dei Ragazzi del Forte di Bard ha riaperto ufficialmente le porte al pubblico dopo una lunga pausa che ha visto l’Opera Vittorio chiusa per ripensamento e ristrutturazione. L’inaugurazione, celebrata il 16 ottobre, ha sancito la conclusione di un percorso progettuale durato cinque anni, reso possibile grazie al sostegno graduale dell’amministrazione regionale.
La struttura originaria, operativa dal 2009 al 2019, proponeva un’esperienza ludico-interattiva incentrata sull’ascensione simulata al Monte Bianco. Un concept che, seppur apprezzato da famiglie e scuole, ha mostrato i suoi limiti dopo un decennio di attività. Come ha spiegato Ornella Badery, Presidente dell’Associazione Forte di Bard, “dopo i 10 anni, soprattutto per la parte tecnologica, è stata superata dalle innovazioni” ed è stato necessario uno smantellamento completo per immaginare un nuovo allestimento all’altezza delle sfide contemporanee.

Una missione educativa al servizio dell’ambiente
Il nuovo museo nasce con un obiettivo chiaro e urgente: sensibilizzare le giovani generazioni sugli effetti devastanti della crisi climatica sulle Alpi. Non si tratta più semplicemente di avvicinare i ragazzi alla montagna, ma di fornire loro gli strumenti per comprendere un ecosistema in profonda trasformazione. Arretramento glaciale, riduzione del manto nevoso, innalzamento delle temperature: fenomeni che non possono più essere ignorati e che trovano nei 4 mila metri, simboli della Valle d’Aosta – Monte Rosa, Gran Paradiso, Cervino e Monte Bianco – testimonianze eloquenti.
Il target del museo si è ampliato, passando dalla fascia 6-11 anni a quella 6-13 anni, con contenuti strutturati per coinvolgere non solo le scolaresche di primaria e secondaria, ma anche visitatori autonomi, famiglie e gruppi di coetanei. L’intenzione è quella di stimolare una generazione consapevole, capace di frequentare la montagna con cognizione di causa e rispetto per un ambiente fragile.
La vera sfida progettuale, affrontata dallo studio auroraMeccanica e da WAU Architetti, è stata quella di tradurre tematiche scientifiche complesse in esperienze coinvolgenti senza appesantire i visitatori con un eccesso di responsabilità. Come ha sottolineato Cristina Bardelli dello Studio WAU, l’approccio scelto è stato quello del gioco come chiave di lettura alternativa: “Abbiamo deciso di lavorare con una chiave di lettura diversa, ovvero attraverso il gioco. Approfondire tutte le tematiche progettuali già elaborate dal comitato scientifico con rigore e precisione, ma dall’altro abbiamo immaginato un museo che attraverso un approccio multisensoriale potesse coinvolgere i visitatori in maniera più attiva”.
Il progetto si inserisce in un solco di continuità con la mostra “L’Adieu des glaciers“, recuperandone materiali scientifici e iconografici per creare un ponte tra divulgazione e ricerca. Il coordinamento scientifico è stato affidato a Michele Freppaz, che ha lavorato a stretto contatto con il team di progettazione per garantire rigore e accessibilità.

Un viaggio immersivo tra quattro giganti di ghiaccio
Il percorso museale si configura come una vera e propria spedizione esplorativa che attraversa le quattro cime più iconiche della Valle d’Aosta e le loro aree glaciali. L’esperienza inizia da una tenda geodetica, simbolo di preparazione all’avventura, e si sviluppa attraverso ambienti pensati per stimolare tutti i sensi.
Uno degli elementi più suggestivi è la “selva di fiori di ghiaccio”, un’installazione che racconta il complesso tema dei carotaggi glaciali attraverso un’esperienza tattile integrata con contenuti video. Come rendere comprensibile ai bambini il concetto di archivio climatico conservato nel ghiaccio? Attraverso la manipolazione fisica e la scoperta progressiva.
Il percorso prosegue attraverso il cuore del Cervino, dove viene affrontato il tema del permafrost e dei suoi meccanismi, per poi immergersi letteralmente in una bufera di neve improvvisa che prepara all’incontro con il Gran Paradiso, montagna emblema di un ecosistema in mutamento. Il Monte Bianco diventa invece l’esempio concreto del fenomeno di fusione glaciale, presentato attraverso modalità ludiche che facilitano la comprensione di processi geologici complessi.
Il museo non si limita alla dimensione scientifica, ma integra anche l’aspetto culturale e antropologico. Una sala immersiva dedicata racconta le leggende alpine attraverso le voci della gente di montagna, offrendo una prospettiva tradizionale che arricchisce la lettura scientifica del territorio. È un modo per ricordare che le Alpi non sono solo oggetto di studio, ma casa di comunità che da secoli convivono con questi ambienti estremi.
Un capitolo fondamentale è dedicato alla sicurezza in montagna. Attraverso un gioco che richiede di preparare lo zaino adeguato per diverse tipologie di escursione, i giovani visitatori apprendono l’importanza dell’equipaggiamento corretto e della pianificazione responsabile. Un messaggio educativo che va oltre il museo e si traduce in comportamenti concreti.
Il percorso si conclude con un elemento scenografico straordinario: la galleria di ghiaccio. Ricavata da una via di fuga pedonale, è stata trasformata in un’esperienza visiva unica dove luci e colori si alternano per evocare l’atmosfera di una vera galleria glaciale quando le nuvole attraversano la calotta. Un finale che lascia il segno, stimolando l’immaginazione e completando emotivamente il viaggio.
Una scelta progettuale significativa riguarda l’uso della tecnologia, presente ma non invadente. L’obiettivo è evitare che i ragazzi rimangano intrappolati nell’osservazione passiva di schermi, privilegiando invece l’interazione fisica con gli exhibit. La tecnologia interviene per arricchire contenuti già esplorati manualmente, creando un equilibrio tra dimensione digitale e materiale che rispecchia le esigenze educative contemporanee.
Questa filosofia rappresenta anche un rispetto per l’architettura storica del Forte di Bard. Come ha evidenziato Bardelli, “non amiamo snaturare gli edifici storici”, e l’allestimento è stato plasmato per dialogare con gli spazi esistenti senza forzature, valorizzando le caratteristiche uniche dell’Opera Vittorio.

Avvicinare i giovani alle scienze del futuro
Michele Freppaz ha sottolineato un aspetto determinante del progetto: la capacità di avvicinare le nuove generazioni alle discipline scientifiche in un momento di profonda crisi vocazionale. ” Sono grato al Forte e agli allestitori che comunicano la bellezza di questi studi, tanto importanti e io mi auguro che, i ragazzi, le famiglie, gli adulti, perchè non è mai troppo tardi, visitando questo straordinari percorso si possano avvicinare al piacere della scienza e osservare la montagna anche dal punto di vista scientifico.”
Il museo si propone quindi come ponte tra curiosità giovanile e mondo della ricerca, dimostrando che la scienza non è solo formule e dati, ma anche osservazione, scoperta e meraviglia. La riapertura del Museo Le Alpi dei Ragazzi rappresenta un investimento strategico per la Valle d’Aosta, che rafforza la propria offerta culturale ed educativa in un settore sempre più rilevante come quello dell’educazione ambientale.
