G8 Genova canzone Esterina - fuorionline
Una poesia sonora tra ricordo e disillusione: la canzone di Esterina sul G8 di Genova, racchiude amore e rabbia e mira alla memoria collettiva.
L’indie rock italiano riesce ancora a smuovere qualcosa dentro di noi, chiamiamola anima, coscienza, nostalgia. Il gruppo toscano Esterina affronta con Genova quel ragazzo uno dei traumi più laceranti della storia recente del nostro Paese: il G8 di Genova del 2001. Il brano, che fonde il post-rock con una scrittura lirica e narrativa, non è una semplice canzone di protesta, ma un modo poetico per ritornare a quei fatti politici che hanno segnato un’intera generazione.
Con un linguaggio evocativo, il testo attraversa gli echi di quei giorni di speranza tradita, di violenza istituzionale e di sogni infranti, restituendo al pubblico la voce di una generazione ferita, calpestata, uccisa. Gli ultra quarantenni di oggi lo sanno bene.
Il testo si apre con un’immagine disarmante: “Con il costume sul cambio / siamo partiti, come andare al mare”. È la gioventù idealista che si muove verso Genova con la leggerezza della fiducia, con “una maglia leggera e un limone”, simboli estivi ma anche “un feticcio contro il mondo peggiore”: il limone si sa, è considerato un rimedio casalingo per alleviare i sintomi dei gas lacrimogeni, come bruciore agli occhi e alla pelle.
Poi arriva il contrasto: “al porto i celerini / fanno all’amore con gli imperatori“. È qui che l’ironia si fa amara: le forze dell’ordine diventano complici del potere, il dissenso è trattato come crimine. Eppure, non si tratta di un racconto solo politico. L’autore intreccia costantemente l’intimo e il collettivo: “Seguo la tua canottiera / e il tuo sorriso da sandinista“, innamoramenti rivoluzionari che raccontano una generazione che credeva, e forse crede ancora, nella possibilità di un mondo senza confini, che un altro mondo è possibile.
Una canzone che chiede di ricordare
Ma Genova quel ragazzo è soprattutto una canzone sul ricordo e sulla responsabilità. Il ritornello, anaforico e struggente, si ripete come una preghiera: “Ricordalo alla terra, / ricordalo alle tue gambe…”. È un invito a non dimenticare, a non assuefarsi. La memoria qui non è celebrazione, ma resistenza. Gli oggetti del ricordo — la lingua, l’equatore, la sete, la bellezza, la gentilezza — diventano simboli di un’umanità che cerca ancora senso e giustizia.
L’ultima parte del brano si fa ancora più incisiva: “A Genova quel ragazzo / voleva la stessa cosa mia”. È impossibile non pensare a Carlo Giuliani, il giovane ucciso durante gli scontri. Ma Esterina non fa nomi, non cede al didascalico: lascia che il dolore attraversi le immagini. C’è una consapevolezza disillusa, ma non cinica: “ci vuole poco coraggio / a sparare alla democrazia”. La frase colpisce per la sua lucidità, per la sua capacità di denunciare l’asimmetria del potere e l’impotenza della protesta pacifica.
Musicalmente, il brano accompagna la narrazione con dinamiche che alternano dolcezza e tensione, suoni vintage e fragilità elettronica, in perfetta coerenza con l’identità della band. Esterina dimostra ancora una volta che il rock può farsi veicolo di letteratura civile, e che la canzone d’autore può essere un gesto politico , anche delicato Genova quel ragazzo non è solo una canzone sul G8: è un racconto sulla disillusione, un inno ai desideri che resistono, un’opera che chiede, con forza e pudore, di ricordare. Perché si sa, quanto la memoria sia fragile, manipolabile, cancellabile. Ed è un rischio che non dobbiamo correre – noi, che in quei giorni direttamente o indirettamente c’eravamo – per le generazioni di oggi e del futuro.
Lirismo intimo e impegno politico
Genova quel ragazzo, uscita nel 2024, è una ballata urbana sentimentale, un componimento di frontiera tra il lirismo intimo e l’impegno politico, in cui la metrica si piega al ritmo del ricordo e del trauma. Una poesia che canta il dolore con voce sommessa, ma mai rassegnata.
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Si potrebbe definire una “elegia urbana della disillusione” con uno stile narrativo frammentato, come se ogni verso fosse un respiro trattenuto. L’uso dell’anafora (ricordalo alla terra…ricordalo alle tue gambe..) imprime alla poesia un andamento liturgico, quasi rituale, trasformando il testo in una preghiera della memoria. Genova quel ragazzo è un atto d’amore verso quella giovinezza ferita, un requiem delicato e politico, una poesia scritta con nostalgia e consapevolezza.
Testo della canzone
Con il costume sul cambio
siamo partiti, come andare al mare
una maglia leggera e un limone
un feticcio contro il mondo peggiore
Fischiano i finestrini
la Renault 4 ce la potrebbe fare
al porto i celerini
fanno all’amore con gli imperatori
In fondo a Piazza Corvetto
dove li trovano i sovversivi?
gente che mangia un panino
che chiede un mondo senza clandestini
Seguo la tua canottiera
e il tuo sorriso da sandinista
il pianeta è senza confini
basta vedere come cammini
Ma a Genova le ragazze
le picchia la Polizia
ci vuole poco coraggio
ad annegare la democrazia
Ricordalo alla terra
ricordalo alle tue gambe
ricordalo alla lingua
ricordalo all’equatore
ricordalo alla sete
ricordalo alla tua bellezza
ricordalo al tempo
ricordalo alla debolezza
Le cicale di luglio
hanno smesso di chiacchierare
brillano gli sfollagente
gli elicotteri non sanno salvare
Chiamami se ti ricordi
i lacrimogeni e la mia maglietta
sai che avevamo ragione
perché avevamo solo desideri
A Genova quel ragazzo
voleva la stessa cosa mia
ci vuole poco coraggio
a sparare alla democrazia
Ricordalo alla terra
ricordalo alle tue gambe
ricordalo alla lingua
ricordalo all’equatore
ricordalo alla sete
ricordalo alla tua bellezza
ricordalo al tempo
ricordalo alla gentilezza
