Stefano Unterthiner conquista il Forte di Bard- Credit: Angela Marrelli-fuorionline
7 anni di spedizioni artiche: le foto mozzafiato di Stefano Unterthiner mostrano orsi polari e il drammatico riscaldamento delle Svalbard. Mostra al Forte di Bard.
Il bianco immenso della neve, di quello che sembra un mondo sospeso – l’Artico – attraverso l’obiettivo di Stefano Unterthiner. Al Forte di Bard è tornato il fotografo naturalista innamorato delle terre abitate più a nord del pianeta Terra, le isole Svalbard, con una mostra rinnovata e intensa di meraviglia e poesia.
“Il nostro progetto Svalbard è iniziato molto prima di aver scattato la prima fotografia, perché come tutti i progetti che ho realizzato in questi ultimi anni, penso che nascano prima nella fantasia. Io inizio sempre a sognare qualcosa, inizio ad immaginare su come dev’essere un luogo” Ha spiegato Unterthiner presente all’inaugurazione che si è tenuta il 30 ottobre nelle sale degli Alloggiamenti del Museo delle Alpi. Sessanta immagini che sono il frutto di sette anni di spedizioni dove il fotografo ha documentato non solo la fauna artica nelle diverse stagioni e la natura con tutta la sua bellezza , ma anche un mondo fragile e in rapido mutamento a causa del cambiamento climatico.
Un sogno quello del primo italiano nella storia della fotografia moderna, a lavorare su incarico del National Geographic, condiviso con la moglie Stephanie sin dai primi anni Duemila, che è diventato realtà nel settembre 2018, quando un viaggio in Etiopia saltato all’ultimo momento ha aperto un’opportunità inaspettata.”Ci siamo guardati e ci siamo detti: adesso cosa facciamo? Lei mi guarda e mi dice: Stefano sono anni che mi parli di queste Svalbard, prendiamo i biglietti, andiamo su e vediamo cosa succede”, ha raccontato Unterthiner con evidente emozione.
Il racconto di Stefano Unterthiner
Quel primo viaggio, con i bambini al seguito, si è rivelato determinante. Il colpo di fulmine per quelle terre estreme, con il sole basso all’orizzonte e il paesaggio di ghiaccio e neve sul mare, ha convinto la famiglia Unterthiner a trasferirsi alle Svalbard per un anno intero tra il 2019 e il 2020, dando vita al progetto “Una famiglia nell’Artico”.

Le nove sezioni del percorso espositivo accompagnano il visitatore attraverso le stagioni artiche, in un viaggio che alterna momenti di intensa bellezza a riflessioni più profonde. Orsi polari che vagano sul pack, renne che si muovono nella tundra, sterne e fulmari in volo: ogni immagine racconta un frammento di un ecosistema unico. Ma è soprattutto la ricerca dell’orso polare, simbolo per eccellenza di queste regioni, che ha guidato il lavoro di Unterthiner nelle quattro spedizioni successive, realizzate tra il 2020 e il 2025.
“La possibilità di lavorare con le imbarcazioni mi ha permesso di cercare il simbolo di queste regioni”, ha spiegato, che ha raccontato con orgoglio l’ultima immagine scattata poche settimane prima dell’inaugurazione, a 82,5 gradi di latitudine nord: un orso che vagava sul mare coperto di ghiaccio, “l’immagine che sognavo di fare”. È questa capacità di coniugare preparazione tecnica, pazienza e una spiccata visione artistica che rende il lavoro di Unterthiner così potente: ogni fotografia è il risultato di una ricerca meticolosa, di ore di attesa nelle condizioni più estreme, ma anche di una profonda connessione emotiva che offre fotografie straordinarie che sembrano dipinti.

Accanto alle immagini della fauna artica, la mostra presenta un importante nucleo dedicato alla dimensione umana e sociale del cambiamento climatico. Diciotto ritratti in bianco e nero immortalano i residenti di Longyearbyen, la piccola comunità delle Svalbard, accompagnati dalle loro testimonianze sulla percezione dei mutamenti che stanno trasformando radicalmente quei territori. “Quando abbiamo iniziato a vivere lassù ci siamo resi conto che avendo una certa visibilità, potevamo anche fare comunicazione, parlare di temi importanti e non soltanto della bellezza del luogo“, ha sottolineato Unterthiner.
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I numeri sono eloquenti e drammatici: nell’Artico il riscaldamento globale si manifesta con un’intensità doppia rispetto ad altre parti del mondo, e le Svalbard detengono purtroppo un record negativo. Durante il periodo trascorso dalla famiglia Unterthiner nell’arcipelago, ci sono stati mesi con temperature medie superiori alla norma, un segnale inequivocabile di un cambiamento in atto. A completare questo percorso di consapevolezza, un pannello dedicato alle warming stripes visualizza in modo immediato e d’impatto l’innalzamento delle temperature in quelle terre remote.
“Il cambiamento climatico coinvolge tutti noi”, ha sottolineato il fotografo, creando un ponte ideale tra l‘Artico e la Valle d’Aosta, territori geograficamente lontani ma accomunati dalla fragilità dei loro ecosistemi montani e glaciali. La mostra diventa così non solo un’occasione per ammirare immagini di straordinaria bellezza tecnica ed estetica, ma anche un momento di riflessione sull’urgenza ambientale che riguarda l’intero pianeta.
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Dal progetto alle Svalbard sono nati molteplici prodotti: il libro “Un mondo diverso”, una storia per National Geographic, il video di Pietro Taldo che ha documentato l’avventura della famiglia, e ora questa mostra che rappresenta la sintesi più compiuta di sette anni di lavoro. “Quando il primo progetto è finito con il Covid che ha scombussolato un po’ i nostri piani, siamo tornati a casa. Però mi è restato come un sentimento di qualcosa che non avevamo completamente realizzato”, ha confessato Unterthiner spiegando come le successive spedizioni siano nate proprio dall’esigenza di completare quel puzzle iniziato nel 2018.La mostra “Una finestra sull’Artico” è visitabile dal 31 ottobre 2025 al 3 maggio 2026.
