Olio di palma perchè è dannoso: i 6 motivi principali

L’ Olio di Palma è ormai da tempo l’ingrediente più indesiderato dalle tavole di chi ha deciso di non contribuire, facendone uso e consumo, a quella che potrebbe essere chiamata una vera e propria “devastazione”. Tutt’ora in corso. Si, ma di cosa?

Questo ingrediente fino a trent’anni fa del tutto sconosciuto oggi è la patata bollente del mondo delle industrie alimentari; c’è chi lo ha bannato, chi continua ad utilizzarlo facendo leva sua una personale sostenibilità, e c’è chi continua senza nessun tipo di disturbo. Ma perché non si riesce a fare a meno di questo grasso alimentare, nato però come lubrificante di rotaie?

Prodotto di successo

La qualità dell’olio di palma risiede nel fatto che è incolore e inodore, poi la sua coltivazione e estrazione sono relativamente economiche rispetto ad altre fonti di grassi e oli. Questo lo rende una scelta attraente per le aziende alimentari che cercano di ridurre i costi di produzione.

L’olio di palma è inoltre estremamente versatile e può essere utilizzato in una vasta gamma di prodotti alimentari, come dolci, snack, cibi pronti e prodotti da forno. Ma anche per i saponi. La sua consistenza solida a temperatura ambiente lo rende ideale per prodotti che richiedono una struttura stabile. E per di più è resistente all‘ossidazione e ha una lunga durata. Questa stabilità lo rende adatto per l’uso in prodotti confezionati, contribuendo a estendere la durata di conservazione. Insomma, è la gallina dalle uova d’oro.

L’approdo in Occidente e il suo crescente utilizzo

L’olio di palma è stato utilizzato per la prima volta in Occidente nel XIX secolo. Fu introdotto in Europa come parte del commercio durante l’era dell’esplorazione e dell’espansione coloniale. Tuttavia, la sua diffusione su larga scala nell’industria alimentare occidentale è avvenuta principalmente nel XX secolo.

Nel corso del tempo, l’olio di palma è diventato una componente comune in molti prodotti alimentari confezionati a causa delle sue caratteristiche uniche, come la sua versatilità, la lunga durata e la consistenza a temperatura ambiente. Con il boom delle merendine l’olio di palma ha poco per volta sostituito nelle ricette tradizionali, l’ olio di mais e olio di girasole. Negli ultimi decenni, c’è stata una crescente preoccupazione per gli impatti ambientali e sociali legati alla produzione di olio di palma, portando a una maggiore attenzione sulla sostenibilità e sull’etica della sua produzione e utilizzo.

Cos’è l’olio di palma

L’olio di palma è un tipo di olio vegetale estratto dalla polpa del frutto della palma da olio (Elaeis guineensis). Questa pianta è originaria dell‘Africa occidentale, ma è stata introdotta in altre regioni tropicali del mondo, come l’Asia sud-orientale e l’America latina, a fini commerciali.

Esploriamo i numeri dell’olio di palma, come rivelato nel 2016 dal rapporto dell’European Palm Oil Alliance, ospitato su “palmoilandfood.eu”. In soli vent’anni, la produzione globale ha vissuto una straordinaria crescita, passando da 15,2 milioni di tonnellate nel 1995 a un impressionante picco di 62,6 milioni di tonnellate nel 2015.

I protagonisti indiscussi di questo boom sono Indonesia e Malesia, responsabili rispettivamente del 53% e del 32% della produzione mondiale di olio di palma. Non sorprende che in Malesia trovi dimora il Palm Oil Research Institute, un faro globale nella ricerca sugli oli e grassi di palma.

L’appello di Greenpeace

Il successo della produzione di olio di palma è accompagnato da una contro-narrazione. Ricordiamo per esempio il comunicato di Greenpeace Italia datato 22 novembre 2016 con cui l’organizzazione non governativa propone una prospettiva sostenibile e responsabile, distante dal boicottaggio, che mira a scollegare la produzione di olio di palma da pratiche dannose come la deforestazione e l’accaparramento delle terre. La palma, sottolinea l’organizzazione, è una coltura incredibilmente efficiente e può essere gestita responsabilmente, fungendo da motore economico per le nazioni del Sud Est Asiatico.

L’appello di Greenpeace non è isolato, poiché molti esperti condividono preoccupazioni riguardo alla produzione massiccia di olio di palma, sottolineando che il suo successo ha comportato il sacrificio di altre coltivazioni e, in alcuni casi, la devastazione delle preziose foreste tropicali. Un dilemma ecologico che mette in discussione il prezzo che il nostro pianeta sta pagando per soddisfare la crescente domanda di olio di palma nell’industria alimentare.

Anche per il biodiesel

Il potere dell’olio di palma si estende ben oltre i confini culinari e della cura personale, abbracciando anche il settore del biodiesel. Secondo un’analisi dell’organizzazione Transport&Environment, basata su dati di Oil World e riportata nell’articolo “Olio di palma: brutte notizie per Eni, buone notizie per le foreste” pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il 12 aprile 2017 e firmato da Greenpeace, l’Italia spicca come il paese dell’Unione Europea che utilizza la quantità più significativa di olio di palma per la produzione nazionale di biodiesel, raggiungendo un notevole 95%. Seguono la Spagna con il 90% e i Paesi Bassi con il 59%.

Il 4 aprile 2017, il Parlamento dell’Unione Europea ha votato in favore di una relazione che chiedeva alla Commissione di introdurre un sistema di certificazione unico per l’olio di palma destinato al mercato europeo, con l’obiettivo di eliminare gradualmente l’uso di oli vegetali nei biocarburanti entro il 2020.

Questa decisione del Parlamento europeo ha risonanze significative: da un lato, sottolinea il riconoscimento dell’eccessivo consumo di olio di palma per la produzione di biocombustibili come causa insostenibile della deforestazione e minaccia per il clima in diverse parti del mondo. Dall’altro, esprime la volontà di promuovere l’utilizzo responsabile e sostenibile dell’olio di palma come biodiesel. La richiesta di un sistema di certificazione unico mira a garantire che solo l’olio di palma prodotto in modo eco-sostenibile possa entrare sul mercato europeo, evidenziando così il potenziale del biodiesel di olio di palma come una soluzione rispettosa dell’ambiente, se gestito in modo responsabile.

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Violazione dei diritti umani

Nel novembre 2016, Amnesty International ha rivelato uno sconcertante scandalo legato all’olio di palma, sottolineando gravi violazioni dei diritti umani dietro alcuni dei marchi più noti nel settore alimentare e domestico. Il rapporto, intitolato “Il grande scandalo dell’olio di palma: violazioni dei diritti umani dietro i marchi più noti”, espone una serie di pratiche inaccettabili, tra cui condizioni di lavoro estreme, sfruttamento minorile e discriminazione di genere nei campi di coltivazione di olio di palma.

Amnesty International denuncia che le grandi società coinvolte nella produzione di olio di palma stanno lucrando su gravi violazioni dei diritti umani in Indonesia, dove persino bambini di soli otto anni lavorano in condizioni pericolose. Meghna Abraham, senior investigator di Amnesty International, critica aspramente queste aziende, sottolineando che nonostante assicurino ai consumatori l’utilizzo di olio di palma sostenibile, continuano a trarre vantaggio da violazioni dei diritti umani.

Le conclusioni del rapporto mettono in luce un’assenza di responsabilità da parte di nove grandi marchi che, nonostante un fatturato combinato di 325 miliardi di dollari nel 2015, sembrano incapaci di affrontare lo sfruttamento atroce dei lavoratori dell’olio di palma che guadagnano miserie.

Il rapporto di Amnesty rivela che bambini tra gli 8 e i 14 anni sono impiegati in lavori pericolosi senza equipaggiamento di sicurezza, in ambienti con l’uso di pesticidi tossici e costretti a trasportare pesanti sacchi di frutta. Alcuni di loro abbandonano la scuola per aiutare le loro famiglie nelle piantagioni, mentre altri lavorano nel pomeriggio, nei fine settimana e nei giorni festivi.

La discriminazione contro le donne è altrettanto evidente, con assunzioni giornaliere prive di garanzie di impiego permanente e benefici sociali. Il rapporto rivela anche casi di lavoro forzato e di capi-squadra che sfruttano le donne attraverso minacce di riduzione o annullamento della retribuzione.

Nonostante gli sforzi della RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil) e di altre società per affrontare il problema, Amnesty International mette in luce la necessità urgente di un cambiamento sostanziale e di maggiore responsabilità nella filiera dell’olio di palma.

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6 motivi per limitare l’uso dell’olio di palma

Ci sono diverse ragioni per cui l’olio di palma è oggetto di preoccupazione e critiche. Qui elenchiamo i 6 motivi principali:

  • Deforestazione: La produzione su larga scala di olio di palma è spesso associata alla deforestazione delle foreste pluviali, in particolare nelle regioni dell’Asia tropicale. La distruzione degli habitat naturali minaccia la biodiversità, mettendo a rischio molte specie animali e vegetali.
  • Impatto ambientale: La conversione di aree forestali in piantagioni di palma da olio contribuisce all’emissione di gas serra e alla perdita di torbiere, causando impatti significativi sul cambiamento climatico.
  • Problemi sociali: La produzione di olio di palma è stata associata a violazioni dei diritti umani, inclusi sfruttamento del lavoro e cattive condizioni lavorative. Le comunità locali, spesso, vengono sfollate per fare spazio alle piantagioni di palma.
  • Industria monoculturale: La coltivazione su vasta scala della palma da olio favorisce un modello di monocultura, che può portare a una maggiore vulnerabilità delle colture alle malattie e alla perdita di fertilità del suolo.
  • Salute: L’olio di palma è spesso utilizzato nell’industria alimentare a causa del suo basso costo. Tuttavia, è ricco di grassi saturi, che, se consumati in eccesso, possono contribuire a problemi di salute come l’aumento del colesterolo e delle malattie cardiache.
  • Etichettatura ingannevole: In alcuni casi, l’olio di palma può essere etichettato in modo ingannevole o nascosto sotto altri nomi negli ingredienti, rendendo difficile per i consumatori evitarlo se desiderano farlo.
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