Piattaforme petrolifere e del gas dove sono in Italia e cosa succede quando finiscono di operare? Un problema “gigantesco”

Le Piattaforme petrolifere sono ingombranti e distruggono il fondale marino. Cosa ne facciamo di esse quando non servono più?

Le scorgiamo lungo gli orizzonti marini da molte coste italiane, constatando subito un certo malessere, in primis “estetico”, perchè le piattaforme petrolifere e del gas sono obiettivamente brutte e poi anche “ecologico”, visto che non solo deturpano il paesaggio ma anche il fondale marino.

Questi giganti del mare sono strutture offshore create per delle funzioni specifiche, ossia esplorare, perforare e estrarre petrolio e gas naturale dal sottosuolodel mare. Svolgendo inoltre diverse funzioni chiave per la produzione di idrocarburi, il processo può essere suddiviso in varie fasi.

Le fasi del processo delle piattaforme petrolifere e del gas

La fase inziale è l’esplorazione delle riserve di petrolio e gas: attività spesso condotta da navi di ricerca sisimica che adoperano onde sonore per mappare la geologia del fondo marino. Segue poi la perforazione esplorativa, una volta individuata una potenziale riserva di idrocarburi. A questo punto viene stallata la piattaforma che ha lo scopo di forare pozzi di esplorazione e determinare la presenza, la quantità e la qualità del petrolio o del gas nella zona.

Una volta accertata la positività nei risultati esplorativi la piattaforma passa alla fase successiva che è quella dello sviluppo nel campo. Vengono dunque perforati pozzi di produzione per estrarre petrolio o gas naturale dalla riserva. La piattaforma può essere configurata per supportare più pozzi e collegata a sistemi di trasporto.

Una volta che i pozzi sono operativi, inizia la fase di produzione. Il petrolio o il gas naturale estratto dai pozzi viene inviato alla superficie attraverso tubi di produzione. Successivamente, l’idrocarburo può essere elaborato sulla piattaforma per rimuovere impurità e separare componenti diversi. Seguono poi lo stoccaggio e il trasporto, la manutenzione e il monitoraggio e infine la dismissione e lo smantellamento.

Quest’ultima parte subentra quando la produzione diventa economicamente non più vantaggiosa o la riserva è esausta: la piattaforma passa alla fase di dismissione e smantellamento. Questo coinvolge la chiusura dei pozzi, la rimozione delle attrezzature e delle strutture, e il ripristino dell’area alle condizioni più vicine possibile allo stato originale. Ma quante volte succede? E soprattutto come viene svolta questa procedura tanto delicata?

La rivalutazione delle strategie di smantellamento delle piattaforme petrolifere e del gas obsolete

Su The Guardian è stato pubblicato un articolo che sottolinea la necessità di rivalutare le strategie di smantellamento delle piattaforme petrolifere e del gas obsolete presenti negli oceani del mondo per massimizzare i benefici ambientali e sociali. Antony Knights illustra il problema su scala globale con circa 12.000 piattaforme petrolifere e di gas, molte delle quali si avvicinano alla fine della loro vita operativa. Attualmente, le decisioni politiche, più che le evidenze scientifiche, guidano il processo di smantellamento, e ciò può comportare rischi e impatti ambientali significativi. Il testo sottolinea l’urgente bisogno di rivedere le strategie di smantellamento e propone un quadro basato su evidenze scientifiche per valutare le opzioni più vantaggiose ambientalmente e socialmente.

Inoltre, viene evidenziato il dilemma tra la rimozione completa e il “reefing” (abbandono delle piattaforme per creare barriere coralline artificiali) e la mancanza di prove empiriche sui costi e benefici di ciascuna opzione. Un approccio basato su un panel di esperti è proposto per valutare l’impatto delle diverse opzioni sulla vita marina e sugli obiettivi ambientali globali.

Operazioni trasparenti

The Guardian mette in risalto la necessità di coinvolgere le parti interessate, comprese organizzazioni governative e non governative, per ottenere un consenso su approcci più flessibili allo smantellamento delle infrastrutture offshore. Viene sottolineata l’importanza della trasparenza nel processo decisionale, coinvolgendo compagnie petrolifere, organi governativi e parti interessate fin dalle prime fasi di pianificazione. Il coinvolgimento tempestivo e ampio delle parti interessate è considerato essenziale per gestire potenziali conflitti e garantire un approccio privo di segreti.

Infine, l’articolo propone l’estensione delle normative OSPAR e UNCLOS anche alle infrastrutture per le energie rinnovabili, sottolineando l’importanza della progettazione di infrastrutture facilmente rimovibili e la necessità di investire in innovazioni ecologiche per evitare futuri problemi di smantellamento.

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Quante sono le piattaforme petrolifere in Italia?

Secondo i dati del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica-Direzione generale infrastrutture e sicurezza (IS), aggiornati al 18 maggio 2023, sulle coste italiane sono presenti ben 138 piattaforme petrolifere e del gas e teste pozzo sottomarine così distribuite:

  • 24 Ancona
  • 2 Brindisi
  • 3 Chioggia
  • 6 Crotone
  • 6 Gela
  • 6 Ortona
  • 8 Pesaro
  • 12 Pescara
  • 3 Porto Empedocle
  • 1 Pozzallo
  • 35 Ravenna
  • 19 Rimini
  • 11 San Benedetto
  • 2 Termoli

Non tutte sono operative, e molte hanno smesso di funzionare da anni, ma sono rimaste comunque nei nostri mari.

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