Artemisia Gentileschi, la vita della straordinaria pittrice barocca: la vicenda dello stupro e le 7 opere più famose


Artemisia Gentileschi è famosa per essere stata una delle più talentuose pittrici del XVII secolo, un’epoca in cui le donne artiste erano rare. Nata nel 1593 a Roma, figlia del pittore Orazio Gentileschi, Artemisia ha superato le sfide sociali e di genere per affermarsi come una figura di spicco nel mondo dell’arte.

La sua opera è caratterizzata da un realismo intenso e da una forte espressione emotiva. Artemisia è particolarmente nota per i suoi dipinti di donne forti e drammatiche, spesso raffigurate in situazioni mitologiche o bibliche. Uno dei suoi capolavori più celebri è “Giuditta che decapita Oloferne”, un dipinto che rappresenta il tema biblico di Giuditta, una donna che uccide il generale nemico Oloferne per difendere il suo popolo.

La perdita della madre

Tuttavia Artemisia Gentileschi è anche ricordata per la sua vita personale, segnata da una vicenda di violenza sessuale. Nel 1611, fu vittima di un’aggressione sessuale da parte di Agostino Tassi, un pittore che lavorava con suo padre. Il processo che ne seguì fece emergere dettagli dolorosi, ma Artemisia riuscì a ottenere una sorta di giustizia con la condanna di Tassi. Questo episodio ha influenzato il modo in cui molte persone considerano la sua arte, spesso interpretando alcune delle sue opere in relazione alle sue esperienze personali.

Ma la vita della pittrice fu segnata fin dalla tenera età. Due giorni dopo la sua nascita si trovò presto a fronteggiare la triste realtà dell’orfaneità materna. In questo periodo difficile, fu il suo legame con il padre, Orazio, rinomato pittore, a diventare la chiave per il suo futuro artistico.

I primi approcci con la pittura

Intrigata dal talento del genitore, la piccola Artemisia spesso osservava affascinata mentre Orazio lavorava tra i pennelli, coltivando un’ammirazione senza riserve e un desiderio ardente di emulazione. La sua formazione artistica si sviluppò sotto la guida attenta del padre il quale riuscì a estrapolare il massimo dal suo precoce talento.

L’apprendistato di Artemisia seguì il percorso tradizionale del tardo Rinascimento. Orazio iniziò insegnandole le basi pratiche, dall’arte di preparare i materiali pittorici – dalla macinazione dei colori alla purificazione degli oli – alla creazione di pennelli con setole animali. Artemisia, abile nel gestire gli strumenti del mestiere, perfezionò le sue abilità attraverso la copia di xilografie e dipinti, spesso quelli del padre. Nel contempo, proprio a causa della scomparsa prematura della madre, dovette assumere le responsabilità della conduzione familiare, bilanciando la gestione della casa con la cura dei suoi tre fratelli minori.

Artemisia e Caravaggio

La vivace scena artistica capitolina fu un’ulteriore fonte di ispirazione per Artemisia. L’incontro con le opere di Caravaggio, l’artista ribelle noto per i suoi dipinti scandalo nella cappella Contarelli di San Luigi dei Francesi, lasciò un’impronta indelebile sulla giovane pittrice. Alcuni hanno suggerito una possibile interazione diretta tra Artemisia e Caravaggio, che talvolta frequentava lo studio di Orazio, ma le restrizioni imposte dal padre rendono questa ipotesi poco plausibile.

Nonostante le limitazioni imposte alle donne nell’ambiente artistico dell’epoca, Artemisia Gentileschi, confinata tra le mura domestiche, riuscì comunque a farsi conquistare dal fascino della pittura caravaggesca, un amore che ha plasmato il corso della sua straordinaria carriera.

L’ingresso ufficiale nel mondo dell’arte

Tra il 1608 e il 1609, il legame tra Artemisia e suo padre Orazio evolse da un semplice rapporto di insegnamento a una fruttuosa collaborazione. Artemisia iniziò a intervenire su alcune opere del padre, per poi passare a creare autonomamente opere d’arte, sebbene di attribuzione incerta, dimostrando di aver assimilato e interiorizzato gli insegnamenti paterni. Il momento culminante di questa trasformazione avvenne nel 1610, quando Artemisia creò “Susanna e i vecchioni”, considerato da molti critici come il suo ingresso ufficiale nel mondo dell’arte.

Nonostante le dispute critiche riguardo al possibile aiuto da parte del padre, determinato a far emergere le doti artistiche della figlia-allieva, l’opera può essere giustamente considerata il primo impegno artistico di rilievo della giovane Artemisia. La tela rivela anche come, sotto la guida paterna, la pittrice oltre a assimilare il realismo di Caravaggio, abbia sviluppato un apprezzamento per il linguaggio della scuola bolognese, influenzata da Annibale Carracci.

Sebbene le informazioni sulla formazione pittorica di Artemisia siano limitate, si ipotizza che abbia avuto inizio nel 1605 o nel 1606, culminando intorno al 1609. Questa datazione è supportata da una famosa lettera inviata da Orazio alla granduchessa di Toscana il 3 luglio 1612, in cui si vantava che la figlia, in soli tre anni di apprendistato, aveva raggiunto una competenza paragonabile a quella di artisti maturi. Tuttavia, Artemisia Gentileschi è anche ricordata per la sua vita personale, segnata da una vicenda di violenza sessuale.

Lo stupro

Abbiamo assistito all’incredibile precoce avvio di Artemisia Gentileschi nell’arte, un talento che riempiva di orgoglio e vanto suo padre, Orazio. Nel 1611, questo orgoglio paterno la portò sotto la guida di Agostino Tassi, un maestro virtuoso della prospettiva coinvolto nella realizzazione della loggetta della sala del Casino delle Muse a palazzo Rospigliosi.

Agostino, noto come “lo smargiasso” o “l’avventuriero”, aveva indubbiamente un talento pittorico, ma la sua personalità sanguigna e irascibile, unita a una storia burrascosa, lo faceva apparire come un personaggio piuttosto controverso. Nonostante le sue disavventure giudiziarie, il suo stile di vita dissoluto e il coinvolgimento in omicidi, Orazio aveva una grande stima per Agostino, frequentatore abituale della sua casa, e fu entusiasta quando accettò di istruire Artemisia sulla prospettiva.

La faccenda però prese una svolta tragica. Nel 1611, Tassi approfittò dell’assenza di Orazio e violentò Artemisia dopo vari tentativi rifiutati. Questo evento sconvolgente ebbe un impatto drammatico sulla vita e sulla carriera artistica della giovane artista. Lo stupro avvenne nella dimora dei Gentileschi in via della Croce, con la complicità di Cosimo Quorli, furiere della camera apostolica, e di una donna di nome Tuzia, al servizio della famiglia. Le parole di Artemisia per descrivere l’orrore di quell’esperienza sono arrivate fino a noi e sono tremende.

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Artemisia Gentileschi -Giuditta che decapita Oloferne -Fonte: Wikipedia – fuorionline.com

L’inganno

Dopo il vile atto, Tassi giunse al punto di blandire Artemisia con la promessa di matrimonio, cercando in tal modo di “riparare” almeno in parte al danno causato. In quei tempi, esisteva la possibilità di estinguere il reato di violenza carnale attraverso il cosiddetto “matrimonio riparatore”, un accordo contrattuale tra l’aggressore e la persona offesa. All’epoca, la società riteneva che la violenza sessuale ferisse più la moralità generale che la persona specifica, nonostante questa fosse privata della sua libertà di decidere sulla propria sfera sessuale.

Artemisia, accecata dalle promesse di Tassi, accettò di comportarsi “more uxorio”, mantenendo rapporti intimi con lui nella speranza di un matrimonio che non si concretizzò mai. Nel frattempo, Orazio tacque sulla vicenda, nonostante Artemisia l’avesse informato fin dall’inizio. La rabbia di Orazio scoppiò solo nel marzo del 1612, quando la figlia scoprì che Tassi era già sposato e quindi impossibilitato a sposarla. Nonostante i legami professionali con Tassi, Orazio presentò una forte denuncia a Papa Paolo V, accusando il collega viscido di aver violato Artemisia contro la sua volontà.

Il coraggio di Artemisia Gentileschi

Artemisia Gentileschi, donna di straordinario coraggio e talento, iniziò dunque una tormentata vicenda processuale a seguito dell’abuso sessuale subito. Nonostante il trauma e una prova giudiziaria difficile, affrontò il processo con coraggio. Sottoposta a umilianti visite ginecologiche e interrogatori sotto tortura, rischiò di perdere le dita ma non ritrattò mai la sua testimonianza. Nel 1612, le autorità condannarono l’aggressore Agostino Tassi, sebbene la vittoria di Artemisia fosse solo de iure, poiché a Roma la sua reputazione fu gravemente danneggiata dai maligni pettegolezzi.

Il matrimonio riparatore con Pierantonio Stiattesi a Firenze nel 1612 segnò una nuova fase nella vita di Artemisia. A Firenze, la pittrice ebbe successo e si immerse nel fervente ambiente artistico mediceo, stringendo legami con figure eminenti come Galileo Galilei e Michelangelo Buonarroti il giovane. La sua adesione all’Accademia delle arti del disegno nel 1616 la rese la prima donna ad ottenere tale privilegio. Il soggiorno fiorentino fu fecondo per la sua carriera artistica.

L’approdo e la stabilità a Napoli

L’ascesa professionale tuttavia non fu accompagnata da felicità coniugale. Il matrimonio con Stiattesi, un pittore di modesta levatura, fu segnato da difficoltà economiche e dal carattere freddo del marito. Nel 1620, Artemisia decise di lasciare la Toscana e tornare a Roma. Nel periodo romano, fece amicizia con importanti artisti e sperimentò nuovi soggetti nella pittura. Nel 1622 si trasferì a Venezia, poi a Genova nel 1621 seguendo il padre Orazio.

Dopo vari spostamenti, Artemisia stabilì definitivamente la sua residenza a Napoli nell’estate del 1630, attratta dalle opportunità artistiche e culturali della città. Napoli divenne la sua “seconda patria” dove sviluppò la sua carriera, ricevette riconoscimenti e collaborò con artisti come Massimo Stanzione. Nel 1638, compì un viaggio a Londra, dove collaborò con il padre alla decorazione di un soffitto a Greenwich e intraprese attività autonome.

Gli ultimi anni della sua vita furono trascorsi a Napoli, dove Artemisia continuò a dipingere fino al 1654, anche se dipendeva dall’assistente Onofrio Palumbo. Si presume che sia morta durante la peste del 1656. La sua eredità artistica e il suo coraggio nel superare le sfide personali e professionali la rendono un’icona indiscussa della storia dell’arte.

Le 7 opere più importanti dell’artista

Oggi, Artemisia Gentileschi è riconosciuta come una figura importante nella storia dell’arte barocca, e il suo contributo ha aperto la strada per le future generazioni di donne artiste. La sua influenza è evidente nella sua abilità tecnica e nella sua capacità di trasmettere emozioni attraverso i suoi dipinti.

Artemisia Gentileschi è sepolta nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, Italia. La sua tomba si trova all’interno della Cappella Gentileschi, che prende il nome dalla sua famiglia. La basilica è una delle quattro basiliche papali di Roma ed è situata sulla cima della collina Esquilino. Alcuni dei suoi dipinti più famosi includono:

  • Giuditta che decapita Oloferne (Judith Slaying Holofernes) – Questo è probabilmente il dipinto più celebre di Artemisia Gentileschi. Raffigura Giuditta, l’eroina biblica, mentre decapita il generale assiro Oloferne. Quest’opera è stata interpretata come una rappresentazione simbolica del potere femminile.
  • Susanna e i vecchioni (Susanna and the Elders) – Questo dipinto ritrae la storia biblica di Susanna, che viene osservata da due anziani mentre fa il bagno. Artemisia ha interpretato il soggetto con sensibilità e forza, mettendo in luce la vulnerabilità della giovane e la corruzione degli anziani.
  • Giove e Giunone (Jupiter and Juno) – Questo dipinto mitologico mostra Giove e Giunone in un momento di intimità. Artemisia ha affrontato il tema con una prospettiva unica, enfatizzando la connessione emotiva tra i due dei.
  • Autoritratto in veste di Pittura (Self-Portrait as the Allegory of Painting) – In questo autoritratto, Artemisia si raffigura come un’allegoria della pittura. È notevole per la sua intensità espressiva e il modo in cui sfida le convenzioni dell’epoca riguardo al ruolo delle donne nell’arte.
  • Nascita di San Giovanni Battista (Birth of St. John the Baptist) – Quest’opera, realizzata durante il periodo fiorentino di Artemisia, mostra il talento della pittrice nel ritrarre scene sacre con una profonda espressione emotiva.
  • Giuditta e la sua ancella (Judith and Her Maidservant) – Un altro dipinto che raffigura la storia di Giuditta, questa opera mostra la donna con la testa di Oloferne in una scena di trionfo.
  • Giuditta con la sua ancella (Judith with Her Maidservant) – Quest’opera è un esempio del periodo fiorentino di Artemisia e raffigura nuovamente Giuditta in una scena di forza e determinazione.

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Questi dipinti contribuiscono a definire il talento di Artemisia Gentileschi e la sua capacità di affrontare temi potenti con una prospettiva unica e una straordinaria abilità artistica.

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