Burkini e le polemiche. La storia del costume che copre invece di scoprire

Burkini si, burkini no: è un argomento che puntualmente ogni estate, incendia i social e solleva sempre un polverone, non solo in Italia, ma in tutta l’Europa. Forse non tutti sanno che le donne che lo indossano, non sono vestite con “normali” indumenti, ma con dei veri e propri costumi da bagno che coprono diverse parti del corpo.

Il costume della discordia

In questi giorni si è parlato molto della sindaca di Monfalcone, la leghista Anna Maria Cisint, che con l’espressione “inaccettabile” ha chiarito come la pensa sul burkini. Il primo cittadino della cittadina del Friuli-Venezia Giulia non tollera la presenza di donne in burkini nelle spiagge di Marina Julia e Marina Nova: “entrano abitualmente in acqua con i loro vestiti” ha tuonato poco tempo fa, facendo sapere che per questo motivo, pensa ad un provvedimento che faccia cessare il fenomeno. Ma si tratta realmente di vestiti?

Negli ultimi anni sempre più donne musulmane hanno deciso di non privarsi di una giornata in spiaggia o di un tuffo in mare indossando questo costume intero, creato da Aheda Zanetti, che copre gambe e braccia e testa. Il termine nasce dall’unione dei nomi di due capi d’abbigliamento femminili opposti, che provengono da due culture totalmente diverse: burqa e bikini. Il primo com’è tristemente noto è un tipo abito imposto dai talebani afgani, con il compito di coprire totalmente il corpo delle donne, dalla testa ai piedi, e anche il viso. È concessa solo una stoffa traforata all’altezza della faccia per permettere alla donna almeno di vedere.

È doveroso specificare che però il burkini lascia il volto scoperto e che nel complesso somiglia molto di più allo hijab o nelle sue forme più larghe ad un jilbab. E non ha niente a che vedere con il burqa. La stilista australiana di origine libanese ha presentato la sua creazione circa 20 anni fa descrivendolo come un costume da bagno, molto più leggero del burqa, con due pezzi proprio come il bikini (da qui il suffisso kini che viene utilizzato già per altri modelli “alla occidentale”). “Si tratta semplicemente di un termine che ho inventato per dare un nome al mio prodotto”. Ha sottolineato Aheda Zanetti.

L’invenzione del burkini

Aheda Zanetti ha avuto l’idea del burkini nel 2004 mentre si trovava a Sydney con la nipote. Quest’ultima, giocatrice di netball (simile alla pallacanestro) si trovava piuttosto impacciata nel suo lungo hijab: “nessuna tenuta adatta alle donne che fossero sportive ma anche pudiche”, ha raccontato l’ideatrice a Le Monde.

Credits: Facebook

Da qui è nata l’esigenza di creare un vestiario che si adattasse al “pudore” religioso e poco dopo è arrivata l’illuminazione del burkini. Segue la fondazione della sua società “Ahiida” e la registrazione del design dei suoi prodotti e dopo due anni anche quella del marchio “burkini” e “burquini”.


Un’invenzione che in poco tempo è diventata un vero successo con una domanda crescente a riprova del fatto che le donne musulmane apprezzano! Del resto, il giro di affari della moda islamica su scala mondiale si aggira, solo nel 2013 intorno a 266 miliardi di dollari (studio di Thomson Reuters). Ovviamente grazie anche al contributo di altre aziende che hanno seguito Aheda Zanetti. Quest’ultima non si rivolge solo alle donne musulmane, ma recentemente propone anche dei modelli simili al burkini, che però lascia scoperti i capelli, dedicato alle donne che al di là di ogni credo religioso, vogliono solo semplicemente proteggersi dal sole.

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Il burkini da quando ha iniziato ad essere indossato dalle donne musulmane in Occidente ha subito creato scompiglio. A partire dalla Francia, già nel 2016 e da poco tempo anche in Italia. Chissà quando la donna sarà libera di qualsiasi stereotipo o dogma maschilista, politico o religioso, di qualunque posto del mondo esso sia.

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