Interruzione di gravidanza, “Un cuore che batte”: la proposta di legge dei Pro-Vita approda in Parlamento

Interruzione di gravidanza in Italia: la proposta di legge dei Pro-Vita

Il commento dell’ex senatore leghista, Simone Pillon, riflette la proposta di legge di iniziativa popolare avanzata dai gruppi anti-scelta, che ha raccolto oltre centomila firme: “Col suo corpo può fare quel che vuole. Col corpo di suo figlio no.”

Questa proposta mira a imporre restrizioni all’accesso all’aborto in Italia, sostenendo che una donna dev’essere obbligata a sentire il battito del feto prima di poter abortire: una violenza inaudita che non trova nessuna giustificazione. Tale pratica è stata criticata da Amnesty International come un “passo indietro” e paragonata a una forma di tortura.

L’interruzione di gravidanza ritorna in discussione grazie ad oltre 100 mila firme

La proposta, nota come “Un cuore che batte” è stata promossa dall’associazione Pro-Vita E Famiglia, ricalcando la legge ungherese che considera l’aborto un crimine. Una legge che in passato è stata anche crticata, ma che a quanto pare oggi appare appetibile. Anche negli USA non si scherza: questo tentativo di umiliare, intimidire e infantilizzare le donne che scelgono volontariamente di interrompere una gravidanza è simile alla legislazione approvata in Texas nel 2021 conosciuta come “Heartbeat Bill,” che proibisce l’aborto una volta rilevato il battito cardiaco del feto.

In particolare, il medico incaricato della visita preliminare all’intervento di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) sarebbe obbligato a mostrare alla donna, attraverso esami strumentali, l’immagine del nascituro nel suo grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso. Solo dopo aver compiuto questi due passaggi, la donna avrebbe la possibilità di procedere con l’aborto.

Tuttavia, è importante notare che il suono del “battito cardiaco” è generato da alcune cellule in fase di formazione durante le prime fasi della gravidanza, quando i feti non hanno ancora un cuore funzionante. L’Acog, American College for Obstetricians and Gynecologists, hanno sottolineato che il termine “battito cardiaco del feto” non è il termine giusto dal punto di vista medico. Si tratta di pura mistificazione, il frutto di un delirio dominante che sta attanagliando i nostri tempi. Se non è un nuovo Medioevo questo.

Non sarà facile applicare la legge, ecco perchè

Nonostante le oltre centomila firme raccolte (si oltre centomila: i giustizieri italiani hanno dato sfogo alle proprie frustrazioni personali) la proposta potrebbe incontrare diversi ostacoli. Storicamente, poche proposte di iniziativa popolare hanno ottenuto l’approvazione delle due Aule e sono diventate legge. Inoltre, la proposta dovrebbe essere presa in carico da un parlamentare, ma la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha dichiarato più volte che la legge 194, che regola l’accesso all’aborto in Italia, non verrà toccata.

Oltre che da un punto di vista etico, la proposta solleva preoccupazioni anche a livello burocratico, riguardo al consenso del soggetto, poiché nessun atto diagnostico o terapeutico dovrebbe essere praticato senza il consenso del paziente. Tuttavia, le attiviste di “Obiezione Respinta” e della pagina “Ivg ho abortito e sto benissimo” hanno evidenziato esperienze di violenza ginecologica e ostetrica in passato.

L’attuale scenario politico italiano vede il gruppo Pro-Vita impegnato in un tentativo audace di sovvertire il consenso comune e rendere legale una proposta controversa nel contesto italiano. Questa iniziativa, sostenuta da oltre centomila firme, ha trovato appoggio principalmente nei Comuni guidati da Lega e Fratelli d’Italia (Fdi), sfidando apertamente il parere contrario della Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della CEI, ha chiaramente espresso la posizione della Chiesa, dichiarando che nessuno ha l’intenzione di mettere in discussione la legge 194, che regola l’accesso all’aborto in Italia.

Da dove è nata la proposta

La proposta presentata da Pro-Vita, come indicato nel testo, prevede una serie di requisiti restrittivi per le donne che desiderano interrompere una gravidanza.

L’ideatore di questa iniziativa è Giorgio Celsi, un infermiere milanese e presidente dell’associazione Ora et Labora, che si batte per la difesa della vita e l’abolizione della legge 194. Il suo approccio riflette un pensiero lineare e categorico: considera l’aborto come un atto di assassinio e sostiene che dovrebbe essere vietato in ogni circostanza.

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Le oltre centomila firme raccolte sembrano più un segnale lanciato al governo, in particolare alla ministra della Famiglia, della Natalità e delle Pari Opportunità Eugenia Roccella, criticata dagli antiabortisti per la mancanza di azioni concrete per limitare l’aborto. Questa iniziativa rappresenta un tentativo di influenzare l’agenda parlamentare e imporre restrizioni sulle scelte delle donne.

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