Madonna di Capocolonna: dalla Dea Madre a Hera Lacinia.

La Madonna di Capocolonna è molto adorata a Crotone. Che la Chiesa abbia soppiantato antichi riti pagani è risaputo ed è anche evidente a Crotone, con l’adorazione della Madonna di Capocolonna.

Sul promontorio omonimo, che si affaccia sul mar Ionio, famoso per la presenza di una sola colonna dorica rimasta, di un antico tempio della Magna Grecia, sorge la chiesetta della Madonna “bruna”, simbolo forte per tutti i crotonesi, alla quale, ogni anno viene dedicata una festa attesissima, molto sentita.

La Madonna di Capocolonna è arrivata dopo Hera Lacinia famosa dea greca e quest’ultima dopo l’arcaica Dea Madre, figura primordiale che nelle civiltà di tipo agrario, rappresenta la terra e l’essenza stessa della natura, la rigenerazione ciclica, l’origine delle piante e dei frutti che consentono la sopravvivenza degli esseri umani e degli animali.(preso dal web) Tre figure femminili forti e affascinanti che al di là del credo religioso, ci ricordano da dove proveniamo, della forza e dell’armonia della femminilità, ormai schiacciata dall’insinuazione maschile, che ad un certo punto della storia dell’umanità, ha iniziato a prevaricare e a comandare.

La Dea Madre e l’armonia sulla Terra

La Dea Madre è una figura sacra, nata in tempi lontanissimi, quando non si conosceva ancora l’esistenza dello spermatozoo, motivo per cui, si credeva che la donna avesse poteri magici perché riusciva, da sola, a creare la vita e a nutrire con il latte attraverso i suoi seni.

Per di più, sanguinava ogni mese, a causa delle mestruazioni, e non moriva. “Poteri” questi, che gli uomini non possedevano. La Dea Madre fu venerata in tutto il mondo da diversi popoli: lo apprendiamo dalle statuette rinvenute, che raffigurano donne con grossi seni, fianchi larghi e vagine aperte. Questo ci permette di apprendere che un tempo esisteva un mondo totalmente diverso dal nostro, proprio su questa Terra, e soprattutto un mondo in cui prevaricava la pace e l’armonia con la natura e tra le persone. Questo mondo aveva caratteristiche specifiche, guidate dai principi femminili, che si concretizzava nella cultura matrifocale.

Che non significa matriarcale. Matriarcale è quando esiste un dominio, e in questo caso, il dominio delle donne sugli uomini, proprio come patriarcale, con il dominio degli uomini sulle donne. Che poi è quello che è arrivato dopo. Il dominio in sé, non appartiene per natura, al principio femminile essendo questo invece, propenso all’interconnessione e alla cooperazione. Ai tempi della Dea Madre le civiltà erano pacifiche, non esistevano conflitti. La prova risiede nel fatto che gli studiosi non hanno rinvenuto, in relazione a quei tempi, tracce di lotta o di guerre, nè tantomeno armi o elementi di violenza.

Quando si scoprì invece che l’uomo “contribuiva” alla vita, attraverso la fecondazione, le cose cambiarono totalmente. I reperti archeologici cominciano a presentare tracce di una società di stampo androcentrico, quindi dominata dall’uomo e dal principio maschile. Il patriarcato arrivò poco per volta, grazie anche agli spostamenti dei popoli. Questi popoli, chiamati indoeuropei, erano diversi tra loro: gli Ittiti, gli Achei e i Dori e la stirpe degli Ebrei. Essi distrussero poco per volta le civiltà precedenti, prendendo il potere.

Hera Lacina protettrice della fertilità femminile

Gli Achei sono la prima popolazione ellenica, seguiti dagli Ioni e gli Eoli, che invase la Grecia nel II millennio a.C. Con gli achei nasce la città di Crotone e da qui ci avventuriamo verso la nascita del tempio di Hera Lacina, sorto sul promontorium Lacinium dalle ceneri del tempio dedicato alla venerazione della Dea Madre.

La città di Crotone fu fondata nella seconda metà del VIII secolo a.C da coloni greci, provenienti dalla regione dell’Acaia. Da semplice insediamento indigeno, la città calabrese, grazie anche alla diffusione del fenomeno italico-pitagorico, diventò uno tra i centri più importanti della Magna Grecia.


La storia degli achei tuttavia non è facilmente separabile dal mito. Omero chiamava li Achei anche Dani, come il Dio Danao e si riferiva agli achei per indicare i greci che hanno combattuto nella Guerra di Troia. A quei tempi Crotone, o meglio Kroton, era famosa per il clima salubre e per la bellezza delle sue donne. Era famosa anche per la forza fisica dei suoi uomini, e qui si comprende il cambiamento epocale, quello che va da un mondo “femminile” ad un mondo con una maggiore incisione “maschile”.

Il pluri-olimpionico Milone ne è la rappresentazione maggiore in queste terre, dove, la Dea Madre, fu sostituita dalla venerazione dei miti greci. Secondo il mito, fu Eracle (figlio di Zeus) a fondare Kroton insieme ad Apollo. Sul promontorio, poco più a sud della città, nella precedente area sacra, i crotoniati edificarono il grande santuario dedicato ad Hera Lacinia, considerata una tra le più grandi aree sacre di tutto il mondo ellenico. Hera regina tra gli dèi, moglie e sorella di Zeus, cominciò ad essere venerata come dea protettrice dei pascoli, ma soprattutto delle donne della fertilità femminile, della famiglia e del matrimonio. A riprova del fatto che la Dea Madre, non era stata del tutto dimenticata.

Dentro l’area sacra dunque, venne costruito un magnifico tempio dorico a 48 colonne e Milone, figlio di Eracle, fu nominato sacerdote del tempio di Hera Lacinia in segno dell’assoluta devozione che la città di Kroton aveva nei confronti del santuario e della dea venerata. Il santuario, uno dei più grandi della Magna Grecia, in breve tempo diventò il principale luogo di culto sul versante ionico e fu meta di navigatori e viandanti provenienti da più parti, anche dall’Africa Mediterranea, tutti pronti a venerare la potente dea. Ad Hera Lacinia venivano offerte vesti finemente intessute da parte delle giovani donne prima di andare in sposa, e diversi gioielli

Hera onorata, che spesso proveniente dal cielo guardi l’odoroso promontorio Lacinio, accogli la veste di bisso tessuta da teofili di cleoca con Nosside, figlia nobile”

( poetessa locrese Nosside)

Poi arrivarono i cristiani e da Hera Lacinia alla Madonna di Capocolonna il passo è stato breve. Anche se non nell’immediato. Tuttavia c’è un rituale nella cerimonia tradizionale dell’adorazione del sacro quadro, che si ricongiunge agli albori della venerazione delle figure precedenti. Di quelle 48 colonne solo una è arrivata fino a noi ed è il simbolo della città di Crotone, testimonianza della sua storia.

La Madonna di Capocolonna, madre dei crotonesi

Il quadro bizantino che rappresenta la Madonna di Capocolonna ha origini antichissime, quasi sconosciute. Secondo alcune fonti, il primo santuario Cristiano venne costruito a Capo Colonna tra l’XI ed il XII Secolo d.C. da alcuni monaci brasiliani, personaggi erranti molto presenti tra Puglia e Calabria. Non si hanno certezze se siano stati gli stessi monaci a portare il dipinto (la Madonna non è nera, ma ha la carnagione scura, potrebbe rappresentare una donna brasiliana), anche se la credenza religiosa ama attribuire la sua creazione a San Luca.

C’è chi sostiene invece che il quadro sia una riproduzione cristianizzata di un’antica divinità femminile. Quelli che è certo è che il culto della Madonna di Capocolonna ha preso piede a Crotone con intensità, secoli orsono e da allora continua a rappresentare un’ usanza forte e ben consolidata.

La leggenda narra che il quadro fu trovato poi dai saraceni che sbarcati sulle coste, iniziarono a saccheggiare e a dare fuoco a tutto ciò che trovavano sul loro cammino. Si accinsero dunque a bruciare anche il quadro della Madonna, ma questo non prese fuoco. Allora decisero di rubarlo e lo portarono sulla loro nave, ma questa non voleva proprio muoversi per prendere il largo. Allora alla fine decisero di buttarlo in mare.

Il quadro a quel punto navigò tra le onde fino ad arrivare all’Irto a riva. Fu trovato da un pescatore contadino, un certo Agazio lo Morello che lo prese e lo custodì per anni in una cassapanca, finché non decise, in punto di morte, di riportarlo al Santuario.

La storia starebbe a sottolineare l’amore profondo della Madonna per questa terra che non solo non ha voluto abbandonare, ma che ama proteggere, come una Madre fa con i propri figli. La forte adorazione della Madonna di Capocolonna, non solo si riflette attraverso la festa in pompa magna che ogni anno viene a lei dedicata, ma anche dal fatto che, in un certo senso. ha persino “oscurato” il patrono della città, San Dionigi, che di fatto viene “celebrato” in maniera meno altisonante.

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Forse, mi piace pensare, che sia la conseguenza di millenni trascorsi a venerare una figura femminile, che sul promontorio di Capocolonna ci sia un profondo solco che si irradia in tutta la città e che tende verso la Dea Madre, la Natura e l’armonia delle cose. Ad ogni modo il pellegrinaggio notturno, simbolo della festa della Madonna di Capocolonna, rappresenta un rito antichissimo che si rifà ad arcaici rituali e che è collegato al ciclo della natura, alla rinascita, al passaggio obbligato attraverso le tenebre (la notte o l’inverno) verso la luce dell’alba.

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