Nanoplastiche e microplastiche, cosa sono e perché sono presenti nelle bottiglie dell’acqua

La presenza di nanoplastiche e microplastiche nell’ambiente, nei mari, negli alimenti e persino nell’organismo umano sta diventando ormai un dato di fatto, ma ciò non vuol dire che non sia al quanto terrificante. La plastica impera ovunque, così tanto da congiungersi con i nostri stessi organi interni.

Ma da dove derivano questi elementi così minuscoli e per questo motivo anche molto insidiosi e nemici della Natura e della nostra salute? Ma soprattutto.. cosa sono?

Nanoplastiche e microplastiche, invisibili all’occhio umano

Le nanoplastiche sono particelle di dimensioni nanometriche (misurate in nanometri, cioè miliardesimi di metro) che derivano dalla frammentazione e degradazione di oggetti di plastica più grandi o da processi industriali. A causa delle loro dimensioni estremamente ridotte, queste particelle sono quasi invisibili all’occhio umano e possono entrare facilmente in ambienti e organismi, compresi i sistemi acquatici e le catene alimentari.

La formazione di nanoplastiche può avvenire attraverso vari meccanismi, come l’abrasione di oggetti di plastica a causa dell’azione meccanica dell’acqua o l’azione dei raggi ultravioletti e di altri fattori ambientali che possono scomporre la plastica in particelle più piccole. Inoltre, le nanoplastiche possono essere prodotte intenzionalmente per applicazioni specifiche, come in alcuni prodotti industriali o tecnologici.

Un’area di preoccupazione riguardo alle nanoplastiche è il loro potenziale impatto sull’ambiente e sulla salute umana. A causa delle loro dimensioni ridotte, le nanoplastiche possono essere ingerite da organismi acquatici e terrestri, entrando così nella catena alimentare. Questo solleva preoccupazioni riguardo agli effetti tossici che possono avere sugli organismi e, in ultima analisi, sulla salute umana.

Le ricerche sono in corso per comprendere meglio l’entità dell’inquinamento da nanoplastiche, i suoi effetti sugli ecosistemi e le potenziali strategie per mitigare questo problema crescente. Inoltre, c’è un crescente interesse per lo sviluppo di metodi di rilevamento e monitoraggio delle nanoplastiche nell’ambiente per valutare e gestire efficacemente i rischi associati.

Le principali categorie delle microplastiche

Le microplastiche sono frammenti di plastica che misurano meno di 5 millimetri di lunghezza. Queste particelle possono avere origini diverse, e il termine si riferisce a frammenti di plastica che sono stati prodotti intenzionalmente con dimensioni ridotte o che si sono formati attraverso il degrado di oggetti di plastica di dimensioni più grandi.

Ci sono due principali categorie di microplastiche:

  • Microplastiche primarie: Queste sono particelle di plastica che sono state prodotte intenzionalmente con dimensioni ridotte, come ad esempio i microbead, che erano comunemente utilizzati in prodotti cosmetici e detergenti. Tuttavia, molte giurisdizioni hanno introdotto divieti sull’uso di microbead a causa delle loro implicazioni ambientali.
  • Microplastiche secondarie: Si tratta particelle più grandi di plastica che si frammentano nel tempo a causa di processi di degradazione fisica, chimica e biologica. L’azione del sole, del vento, delle onde e dei microrganismi può spezzare oggetti di plastica più grandi in particelle di dimensioni inferiori, dando origine alle microplastiche.

Le microplastiche possono avere gravi conseguenze ambientali, poiché possono contaminare gli ecosistemi acquatici e terrestri, influenzando la fauna e la flora. Come le nano plastiche anch’esse possono entrare nelle catene alimentari quando vengono ingerite da organismi marini o terrestri, comportando rischi per la salute di diverse specie, compreso l’uomo che può consumare prodotti contaminati.

L’acqua nelle bottiglie di plastica

L’International Bottled Water Association ha risposto alle preoccupazioni sollevate da uno studio della Columbia University sulle nanoplastiche e microplastiche, sottolineando la mancanza di metodi standardizzati per la misurazione delle nanoplastiche e affermando che non esiste alcun consenso scientifico sui potenziali impatti sulla salute di queste particelle.

Nonostante questa ricerca si sia concentrata su bottiglie d’acqua statunitensi, gli scienziati sottolineano che quantità simili al risultato ottenuto di nanoplastiche potrebbero trovarsi in bottiglie d’acqua di altri Paesi. Naturalmente per confermarlo c’è bisogno di ulteriori studi e verifiche.

Sherri Mason della Pennsylvania State University ha elogiato la ricerca definendola “uno studio davvero impressionante e innovativo“, sottolineando l’importanza di quantificare e identificare le particelle di plastica, soprattutto le nanoplastiche, per avanzare nella comprensione delle implicazioni sulla salute umana.

Lo studio della Columbia University

La ricerca effettuata dalla Columbia University ha svelato una realtà allarmante: l’acqua in bottiglia potrebbe ospitare fino a 100 volte più particelle di plastica di quanto si fosse precedentemente stimato, con una media di 240.000 frammenti per litro. Lo studio, che ha analizzato campioni d’acqua solleva preoccupazioni sulle dimensioni microscopiche delle particelle e sul loro impatto sulla salute umana.

Il team di scienziati, guidato da Beizhan Yan, ha sviluppato un approccio innovativo per identificare le nanoplastiche nelle bottiglie d’acqua: l’utilizzo di laser sensibili. Questi strumenti vibrano in presenza di frammenti di plastica e hanno permesso di analizzare sei bottiglie da 1 litro, offrendo risultati stupefacenti: ogni litro d’acqua può contenere da 110.000 a 370.000 particelle di plastica, un numero fino a 100 volte superiore rispetto agli studi precedenti.

Ciò che rende questa scoperta particolarmente inquietante è il fatto che le nanoplastiche potrebbero facilmente penetrare nel rivestimento intestinale, nella placenta e persino nella barriera emato-encefalica, mettendo a rischio la salute umana.

Il 90% delle particelle identificate erano nanoplastiche, rilevate grazie all’uso dei laser. Solo il restante 10% è stato identificato come frammenti di polietilene tereftalato (PET), il materiale delle bottiglie stesse.

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Questa rivelazione solleva la necessità di una maggiore consapevolezza e azione riguardo alla qualità dell’acqua imbottigliata e pone l’accento sulla necessità di sviluppare soluzioni sostenibili per ridurre l’impatto della plastica sull’ambiente e sulla salute umana.

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