Ripristino della Natura: le stalle come le industrie? La decisione dell’UE (non) lascia dubbi

Il Ripristino della Natura, urgenza planetaria per evitare l’estinzione dell’uomo sulla Terra non toccherà le stalle. Gli allevatori europei, possono fare un sospiro di sollievo, anche se rimane aperta la questione sulla loro ormai evidente e concreta industrializzazione.

I verdi pascoli e gli alpeggi sperduti sul cucuzzolo delle montagne vanno in netto contrasto con gli allevamenti intensivi, che di fatto esistono e che di paradisiaco e di sano, hanno ben poco. Nonostante ciò la legge sul “Ripristino della Natura”, approvata nei giorni scorsi a Bruxelles con 336 sì, 300 contrari e 12 astensioni, non ha esteso agli allevamenti intensivi la direttiva sulle emissioni nocive.

Eppure i numeri ci sono, le prove anche: gli allevamenti intensivi hanno un forte impatto sulla Terra e sono co-responsabili del cambiamento climatico. Ancora una volta ha vinto l’aspetto economico sulla salute. “Bene così. Non siamo delle industrie” esultano le associazioni agricole. “E’ la fine dell’agricoltura sostenibile” ribatte invece Greenpeace.

Il Ripristino della Natura, in che senso?

La legge sul Ripristino della Natura che prevede anche la creazione di impianti a energia rinnovabile e che ha trovato nell’estrema destra il suo grande oppositore, alla fine è stata approvata.

La nuova legge mette gli stati membri nell’obbligo di attivare tutte le misure necessarie per rimettere ai vecchi splendori almeno il 20% di tutte le aree marine e terrestri dell’Unione europea. Lo scopo è quello di arrivare al 100% entro il 2050. Il pacchetto prevede anche altri traguardi che ambiscono al miglioramento dello stato di conservazione dei principali ecosistemi, non solo quelli agricoli, ma anche quelli urbani, ma soprattutto gli habitat più importanti che servono a salvaguardare la biodiversità europea.

La legge pensa anche agli insetti impollinatori, come per esempio le api (ma non sono gli unici), indispensabili anche per il settore agricolo, visto che fungono da fertilizzatori dei territori. Insomma, quello che prima avevamo “in automatico” dalla Natura, oggi lo dobbiamo ripristinare, aggiustare, grazie alla nostra incuria. L’accento viene messo anche sul pericolo sempre più frequente delle alluvioni e i dissesti idrologici e la legge sul ripristino della Natura mira anche rimuovere tutte quelle barriere fluviali inutili in tutto il territorio europeo.

Le stalle ringraziano Bruxelles

La Direttiva europea sulle emissioni, proposta l’anno scorso da parte della Commissione europea che chiedeva di inserire anche gli allevamenti di bovini nel libro nero degli inquinatori, ha fin da subito sollevato polemiche.

Pascolo in un giorno d’estate. Pyrenees, Catalonia

Gli allevatori della Francia, Spagna, Portogallo, ma anche della Germania, della Repubblica Ceca, della Polonia e della stessa Italia hanno chiamato la direttiva “Ammazza stalla” facendo sentire immediatamente la propria voce contraria. Coldiretti da noi, ha portato avanti questa battaglia. “Abbiamo fermato in Europa la norma ammazza stalle, con la decisione di lasciar fuori gli allevamenti bovini dalla revisione della direttiva sulle emissioni industriali che salva un settore cardine del Made in Italy.” Ha riferito il presidente Ettore Prandini aggiungendo che la Commissione europea, bocciando la proposta di ampliare la legge anche agli allevamenti di bovini di 150 capi in su, ha evitato così la chiusura di molti allevamenti medio-piccoli.

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Altra opinione quella di Greenpeace che invece punta il dito contro i grandi allevamenti intensivi, responsabili della tossicità dell’aria, del suolo e dell’acqua. “Si tratta di un duro colpo per il futuro dell’agricoltura sostenibile, che premia l’agricoltura industriale inquinante, penalizzando i piccoli e medi agricoltori, le aziende a conduzione famigliare, sempre più in difficoltà nel dovere gestire le proprie piccole aziende in modo naturale”, fa sapere Marco Contiero, di Greenpeace, il quale sottolinea quanto i grani circuiti industriali, in questo caso proprio come gli allevamenti intensivi, strutturati al pari di una fabbrica, stiano sostanzialmente distruggendo gli ecosistemi su cui facciamo affidamento per la produzione di cibo e per una vita sana.

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