Stressare qualcuno è reato: cosa dice la legge

Stressare è una parola che si usa spesso nel linguaggio comune. Ecco quando diventa motivo di ansia e oggetto di legge.

Far venire l’ansia a qualcuno può essere reato, anche se deve trattarsi di uno stato d’ansia serio. In ogni caso il livello più alto è quello che ormai conosciamo come stalking.

La consapevolezza degli effetti negativi che questo tipo di comportamento può avere sulla salute mentale di un individuo è essenziale per promuovere relazioni sane e rispettose. Inoltre, chi si trova a sperimentare ansia dovuta a comportamenti altrui dovrebbe cercare il supporto di amici, familiari o professionisti per affrontare la situazione in modo appropriato.

Quali sono i comportamenti che possono provocare ansia nei confronti di un’altra persona

Ecco alcune modalità in cui qualcuno può far venire l’ansia a un’altra persona:

  • Minacce o intimidazioni: Pronunciare minacce verbali o fare gesti intimidatori può far sì che la persona si senta vulnerabile e preoccupata per la propria sicurezza.
  • Comportamenti aggressivi: Atti aggressivi, sia fisici che verbali, possono innescare una risposta di ansia. L’incertezza su come l’altro reagirà può essere fonte di preoccupazione.
  • Menti ingannevoli: Diffondere informazioni false o ambigue può generare confusione e ansia nelle persone, specialmente se riguardano questioni personali o sensibili.
  • Isolamento sociale: Escludere o isolare volontariamente qualcuno da un gruppo può far emergere sentimenti di abbandono e solitudine, contribuendo all’ansia.
  • Critiche costanti: Critiche costanti, derisioni o commenti negativi ripetuti possono erodere la fiducia e l’autostima di una persona, generando ansia.
  • Pressioni eccessive: Imporre pressioni eccessive su una persona, sia sul piano professionale che personale, può farla sentire sopraffatta e ansiosa.
  • Violazione della privacy: Invadere la privacy di qualcuno o violare i confini personali può causare una sensazione di vulnerabilità e ansia.
  • Manipolazione emotiva: Utilizzare tattiche manipolative per controllare o influenzare le emozioni di qualcuno può generare confusione e ansia.

Stressare qualcuno, se si va oltre è stalking

Il reato di atti persecutori, noto anche come stalking, è un fenomeno complesso che coinvolge la condotta di un persecutore nei confronti di una vittima, causando un grave stato di ansia e paura. Prendiamo come esempio una storia che coinvolge un uomo, il persecutore, e una ragazza, figlia di un uomo legato da una precedente relazione extra-coniugale con la moglie del persecutore.

Gli atti persecutori si sono manifestati principalmente attraverso pedinamenti e appostamenti nei luoghi frequentati dalla vittima, che ha reagito denunciando il persecutore e sottolineando il grave stato di ansia e paura da lui causato. La questione cruciale, affrontata dai Giudici di Piazza Cavour, riguarda la definizione del concetto di “perdurante e grave stato di ansia o di paura”, uno degli elementi necessari per configurare il reato di stalking.

La difesa ha proposto un’interpretazione restrittiva, richiedendo che lo stato di ansia fosse clinicamente definito, grave, e una conseguenza diretta del comportamento incriminato, basandosi sul principio di determinatezza della fattispecie. Tuttavia, la Cassazione ha respinto questa interpretazione, sostenendo la validità della lettura fornita dalla Corte d’Appello e dal Tribunale di primo grado.

Lo stalking secondo la legge

È importante comprendere il contesto normativo in cui si colloca il reato di stalking. Il legislatore, con il D.L. 23.02.2009 n. 11, convertito nella L. 23.04.2009 n. 38, ha introdotto l’articolo 612 bis c.p., modificato successivamente da altri decreti legge. Questo intervento legislativo è stato mirato a fornire maggiore tutela alle vittime di condotte moleste e insidiose, distinguendole dai reati di minaccia e molestie generiche.

La Cassazione ha sottolineato che lo stalking rappresenta una specificazione delle condotte di minaccia e molestia, richiedendo che siano reiterate e idonee a causare almeno uno degli eventi indicati dalla normativa. Inoltre, la sentenza in esame ha chiarito che la presenza di uno solo dei tre eventi indicati dall’articolo 612 bis c.p. è sufficiente per la configurazione del reato.

Dal punto di vista sostanziale, la difesa ha proposto un’interpretazione eccessivamente restrittiva, sostenendo che lo stato di ansia dovrebbe essere clinicamente definito. Tuttavia, la Cassazione ha respinto questo argomento, affermando che è sufficiente che la vittima versi in uno stato di forte stress, compromettendo la sua stabilità emotiva ed equilibrio psicologico.

La tutela delle vittime

Sul versante probatorio, la Cassazione ha richiamato le indicazioni della Consulta, sottolineando la necessità di un’osservazione attenta dei segni e indizi comportamentali della vittima. Poiché lo stato di ansia è un fenomeno interno, l’analisi si basa sulle dichiarazioni della persona offesa e sul confronto tra la situazione precedente e quella successiva alle condotte dell’agente persecutore.

La sentenza fornisce anche una precisazione importante riguardo alle conseguenze psicologiche sulla vittima. Richiedere una cornice patologica specifica comporterebbe una duplicazione del reato di lesioni, violando la volontà del legislatore di tutelare la sfera personale della vittima da aggressioni fisiche o psicologiche.

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In conclusione, la sentenza della Cassazione offre un quadro chiaro sull’interpretazione e l’applicazione del reato di stalking, garantendo una tutela efficace alle vittime e respingendo interpretazioni che avrebbero potuto limitare eccessivamente il campo di applicazione di questa importante normativa.

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