Le compagnie petrolifere hanno poco interesse per la transizione energetica verde. Lo rileva l’analisi di AP

Le compagnie petrolifere non stanno facendo niente per incentivare la transizione energetica, anzi, i loro più grossi investimenti sono orientati ancora verso i combustibili fossili.

Nel corso del 2022, la compagnia brasiliana di petrolio e gas, Petrobras, ha identificato ben 68 siti destinati all’esplorazione petrolifera al largo della costa sudamericana. L’obiettivo era chiaro: cercare nuove riserve e investire 6,9 miliardi di dollari in progetti di sviluppo petrolifero.

Nello stesso periodo, la società algerina Sonatrach ha dichiarato la sua ambizione di accrescere la produzione, mirando a diventare una delle cinque principali compagnie petrolifere nazionali entro il 2030. Contemporaneamente, l’Abu Dhabi National Oil Co. ha aperto 68 nuove stazioni di servizio tra Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, portando il totale a oltre 500 in quest’ultimo Paese, come evidenziato nel rapporto annuale del 2022.

Compagnie petrolifere disinteressate al cambiamento climatico

Queste aziende, insieme ad altre 33, focalizzate sul settore del petrolio e del gas, hanno partecipato al vertice annuale sul clima, la COP27, tenutosi in Egitto l’anno scorso. Questa riunione aveva l’obiettivo di spingere il mondo lontano dall’uso dei combustibili fossili, come petrolio e gas. Molte di esse prevedono di essere presenti anche alla prossima conferenza, la COP28, ospitata negli Emirati Arabi Uniti. Sultan al-Jaber, presidente della compagnia petrolifera nazionale, è stato nominato presidente del vertice.

Sebbene queste aziende siano state criticate per la loro partecipazione ai negoziati, i loro leader sostengono di essere impegnati nella transizione verso le energie rinnovabili. Un argomento che, con cautela, è stato appoggiato da negoziatori di spicco, come l’inviato americano per il clima, John Kerry. Tuttavia, un’analisi dell’Associated Press mette in discussione l’effettiva dedizione di queste aziende alla transizione verde, considerando gli investimenti reali nelle energie rinnovabili e le priorità stabilite nei loro rapporti annuali.

La maggior parte di queste aziende sembra investire solo minimamente, se non addirittura in modo inesistente, nell’energia solare o eolica, le tecnologie verdi più consolidate. I loro investimenti, che ammontano a miliardi di dollari, sono principalmente rivolti all’esplorazione, estrazione e raffinazione del petrolio, con piani definiti per i prossimi decenni. Questo approccio sembra discostarsi significativamente dalle raccomandazioni degli scienziati, i quali sostengono che il mondo debba abbandonare i combustibili fossili entro un periodo di tempo molto più breve.

Si tratta di aziende con enormi profitti, competenze ingegneristiche considerevoli e una lunga storia nella produzione di petrolio e gas”, sottolinea Jason Bordoff, direttore del Center on Global Energy Policy presso la Columbia University. “Sarebbe ragionevole aspettarsi che siano leader nella rapidità con cui guidano, si muovono e sviluppano nuove tecnologie, riducendo i costi associati alle energie rinnovabili”. Tuttavia, sembra che la realtà mostri un divario significativo tra le aspettative e le azioni effettive di queste aziende nel contesto della transizione verso un futuro più sostenibile.

Mosse tattiche, niente di concreto nei fatti

Le imprese partecipanti al vertice dell’anno precedente non sembrano impegnarsi in modo significativo in queste iniziative. Molte di loro, nel redigere i loro rapporti annuali, includono sezioni dal titolo “sostenibilità” o “verde”, le quali abbracciano alcune forme di energia rinnovabile. Tuttavia, in queste sezioni, si fa spesso riferimento anche a biocarburanti, sviluppo dell’idrogeno e cattura del carbonio, tutte iniziative che, nella migliore delle ipotesi, offrono un potenziale a lungo termine per ridurre le emissioni. Inoltre, molte di queste imprese continuano a promuovere il gas naturale, che, sebbene bruci in modo più pulito rispetto a combustibili come il carbone, rilascia comunque quantità significative di metano, un gas serra estremamente potente.

Questo approccio evidenzia un atteggiamento teso a mantenere il legame con le fonti tradizionali di energia, piuttosto che abbracciare in modo deciso le tecnologie completamente sostenibili. Le sezioni “verdi” nei rapporti annuali spesso riflettono più un tentativo di migliorare l’immagine aziendale che un vero e proprio impegno per una transizione ecologica. Queste imprese sembrano essere ancorate a pratiche consolidatesi nel corso degli anni, basate sull’esplorazione e lo sfruttamento dei combustibili fossili.

L’inclusione di biocarburanti, sviluppo dell’idrogeno e cattura del carbonio, pur avendo il merito di rappresentare opzioni che potrebbero contribuire alla riduzione delle emissioni, non sostituisce la necessità di investire in maniera più robusta e immediata nelle energie rinnovabili come il solare e l’eolico. Queste ultime sono ormai tecnologie mature, in grado di fornire energia in modo sostenibile senza i problemi associati alle fonti tradizionali. Tuttavia, il focus principale di molte di queste aziende sembra essere ancora orientato verso l’estrazione di petrolio e gas, settori che, nonostante alcuni sforzi verso la “verde”, continuano a rappresentare la stragrande maggioranza degli investimenti.

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La promozione del gas naturale come alternativa più pulita è un altro aspetto critico da considerare. Sebbene sia vero che brucia più pulito rispetto ad alcune alternative, il suo impatto ambientale rimane rilevante. L’emissione di metano, anche se in misura minore rispetto ad altre fonti di energia fossile, contribuisce significativamente all’effetto serra. Pertanto, la promozione di questa fonte dovrebbe essere valutata con attenzione, poiché potrebbe rappresentare una mossa tattica piuttosto che un vero impegno verso una transizione ecologica completa.

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