Museo Storico della Liberazione di Roma, sventata la chiusura | Cosa è successo

Il Museo Storico della Liberazione di Roma si trova nel rione Esquilino, nei pressi della basilica di San Giovanni in Laterano e di piazza Vittorio Emanuele II, precisamente in via Tasso e occupava originariamente il terreno della villa Giustiniani.

Costruito negli ultimi anni del XIX secolo, il quartiere si caratterizzava per la presenza di edifici destinati a residenze civili o a istituzioni religiose e collegi, come il vicino collegio Santa Maria, affacciato su viale Alessandro Manzoni, da cui si accede per l’appunto in via Tasso. Il giardino collegato all’edificio che ora ospita il museo confina con una parte ancora esistente del giardino della villa Giustiniani lungo via Berni. Quest’area include vari ruderi romani, tra cui una struttura ad esedra il cui profilo curvo è riflesso nell’architettura dell’edificio verso est, sul lato opposto alla facciata principale, dove si trovano i due ingressi numerati 145 e 155.

Un porta aperta per non dimenticare

Il Museo Storico della Liberazione di Roma custodisce preziosi documenti originali, cimeli, giornali, manifesti, volantini, scritti e materiali iconografici legati all’occupazione nazifascista di Roma e alla coraggiosa lotta che meritò alla città la medaglia d’oro al valor militare durante la Seconda Guerra Mondiale, nell’ambito della Resistenza italiana.

L’edificio fu eretto alla fine degli anni trenta grazie all’iniziativa di Francesco Ruspoli, I duca di Morignano (1891-1970). Questo imponente stabile, composto da quattro piani più un attico, con due ingressi distinti in via Tasso 145 e 155 e il giardino interno, fu inizialmente affittato all’ambasciata tedesca a Roma. All’epoca, l’ambasciata tedesca era ubicata nella Villa Wolkonsky in via Conte Rosso, a soli trecento metri di distanza dal nuovo edificio.

Cosa è successo in Via Tasso

Le sedi del Museo Storico della Liberazione di Roma sono gli stessi locali di via Tasso che, durante l’occupazione nazifascista, assunsero tristemente notorietà come luogo di prigionia e tortura per oltre 2000 antifascisti. Molti di loro trovarono la morte per fucilazione a Forte Bravetta o nelle Fosse Ardeatine. Le celle, restaurate nel modo in cui furono lasciate dai tedeschi in fuga, conservano le memorie e persino i graffiti originali tracciati da coloro che vi subirono torture e privazioni prima di essere brutalmente privati della vita.

Questi spazi sono testimoni vivi del dramma e della scelta civile di italiani provenienti da ogni ceto e famiglia politica, che diedero vita alla Resistenza. Il Museo non si limita a essere un luogo espositivo, ma rappresenta piuttosto un monumento realistico e autentico, un documento storico che, attraverso le pareti stesse, riesce a suscitare emozioni profonde. Accanto al Museo si trova una biblioteca che ospita una vasta collezione di testi, giornali, opuscoli e materiali incentrati soprattutto sulla guerra, la Lotta di Liberazione e i movimenti politici che hanno caratterizzato quel periodo cruciale della storia italiana.

Il Museo Storico della Liberazione di Roma ha rischiato di chiudere

Il Museo Storico della Liberazione di Roma, un luogo intriso di memoria e testimonianze della Resistenza italiana durante la Seconda Guerra Mondiale, ha rischiato la chiusura a causa di decisioni burocratiche del titolare del Minculpop, Gennaro Sangiuliano.

Il Comitato Direttivo del Museo era scaduto il 5 novembre, e la proroga degli organi in carica non poteva superare i 45 giorni. Il 20 dicembre avrebbe dovuto segnare la chiusura indefinita del Museo, con la consegna delle chiavi da parte dei titolari. Tuttavia, Antonio Parisella, Presidente del Museo dal 2009, ha disobbedito a questa decisione, rifiutandosi di consegnare le chiavi e mantenendo aperto il luogo prezioso.

Il Gruppo Anarchico “Bakunin” – Fai Roma e Lazio ha reagito prontamente, mobilitandosi per denunciare la situazione. Nonostante il silenzio istituzionale e l’assenza di reazioni da parte di chi avrebbe potuto intervenire, il Gruppo ha convocato un presidio sotto il Museo, dimostrando un forte senso di responsabilità verso la preservazione della memoria storica. (Fonte: Umanità Nova)

Preservare la memoria antifascista

Il Museo rappresenta un monumento vivente della Resistenza, un ricordo tangibile di coloro che si sono opposti al regime nazifascista, sacrificando la propria vita per la libertà. La mobilitazione del Gruppo Anarchico ha sottolineato l’importanza di preservare la memoria della Resistenza Partigiana come elemento fondamentale per mantenere viva la consapevolezza delle atrocità del periodo fascista.

La risposta positiva alla mobilitazione è stata evidente: in 24 ore, Sangiuliano ha nominato un nuovo Comitato Direttivo, sebbene con alcune decisioni contestate, come l’omissione di Parisella. Il Gruppo Anarchico rimane vigile e determinato, prontamente disposto a mobilitarsi nuovamente se necessario, per garantire l’apertura e la continuità del Museo.

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Questa vicenda mette in luce la forza dell’iniziativa popolare rispetto all’indifferenza istituzionale, evidenziando come la partecipazione attiva della società civilne sia cruciale per la difesa dei valori e della memoria storica, soprattutto in situazioni in cui il governo sembra ignorare o sottovalutare tali aspetti.

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